martedì 21 dicembre 2010

Narrativa e soprannaturale: C. CASTANEDA

L'avventura letteraria di Carlos Castaneda trae origine dai suoi viaggi nel sud-ovest californiano nell'intento di conoscere, da studioso di antropologia dell'Università di Los Angeles, le proprietà delle piante medicinali utilizzate dagli indios messicani. L'incontro con Don Juan Matus, un indio yaqui del Messico settentrionale, trasforma la sua ricerca in un viaggio iniziatico di cui narrerà le tappe in diversi e fortunati romanzi. A cominciare dal primo, pubblicato nel 1968 col titolo The Teachings of Don Juan -a yaqui way of Knowledge e apparso nell'edizione italiana due anni dopo col titolo improprio di A scuola dallo stregone: 'Cominciai il mio noviziato sotto don Juan nel giugno 1961. Prima di allora lo avevo visto in varie occasioni, ma sempre osservandolo con l'occhio dell'antropologo. Durante quelle prime conversazioni presi degli appunti di nascosto. Più tardi, basandomi sulla mia memoria, ricostruivo tutta la conversazione. Quando cominciai a partecipare in qualità di novizio, tuttavia, quel metodo di prendere appunti diventò molto difficile, perché le nostre conversazioni toccavano argomenti molto disparati. Allora don Juan mi permise -pur se dopo molte proteste- di annotare palesemente tutto quello che veniva detto...'

L'ampliamento di coscienza è indotto in Castaneda dall'assunzione periodica, sotto il rigido controllo e l'assistenza di Don Juan, di tre diverse piante allucinogene identificate via via nella narrazione coi nomi di peyote o mescalito, erba del diavolo o Datura inoxia o semplicemente yerba e honguitos, con ciò intendendo la mistura di piccoli funghi con cui caricare la pipa.

Nel nuovo libro pubblicato nel 1971, Una realtà separata, lo scrittore peruviano chiede inutilmente a Don Juan di fargli continuare il noviziato senza l'assunzione di droghe: “ ‘Voglio imparare a vedere, don Juan, dissi francamente. Ma davvero non voglio prendere niente; non voglio fumare la vostra mistura. Pensate che io abbia qualche probabilità di imparare a vedere senza fumare?’ Don Juan si tirò su a sedere, mi guardò fisso per un momento e si ridistese. ‘No, disse. Dovrai usare il fumo. ‘Ma che bisogno c'è di fumare? Perchè non si può semplicemente imparare a vedere da soli? Io ho un desiderio ardentissimo, non è sufficiente?’

‘No, non è sufficiente. Vedere non è così semplice e solo il fumo ti può dare la rapidità di cui hai bisogno per cogliere una breve visione di quel mondo fugace. Altrimenti guarderesti soltanto’

‘Che cosa intendete per mondo fugace?’

‘Il mondo, quando lo vedi, non è come tu pensi che sia. E' un mondo fugace che si muove e cambia. Forse si può imparare ad apprendere da soli quel mondo fugace, ma non sarebbe nulla di buono perché il corpo deperirebbe per lo sforzo. Con il fumo, d'altra parte, non si soffre mai di esaurimento. Il fumo dà la rapidità necessaria per afferrare i movimenti fugaci del mondo e nello stesso tempo mantiene intatto il corpo e la sua forza.’

In uno di questi viaggi indotti dal piccolo fumo, lo scrittore s'imbatte nel guardiano della soglia sottoforma di un'enorme e spaventosa zanzara. Egli sa che se riuscirà ad impedire al guardiano di nuocergli, gli sarà aperta la strada della cosiddetta realtà non ordinaria. All'obiezione di Castaneda che le esperienze avvenute in stato di alterazione di coscienza prodotto dal fumo non sono né consapevoli, né durature e riproducibili, lo sciamano replica dicendo di averlo bene osservato e di aver capito che per lui non ci sono altre strade per uscire dalla prima attenzione della percezione ordinaria. Più tardi potrà farne a meno e infatti in Racconti di potere(Tales of power) del 1974 e nei libri successivi non si parlerà più di alterazione indotta della coscienza. Vincere il temibile guardiano della soglia significa dunque predisporsi finalmente e stabilmente alle possibilità della seconda attenzione.

Gli insegnamenti di Don Juan proseguono con le tecniche del sognare e con quelle necessarie ad interrompere il cosiddetto dialogo interno, con la descrizione e il significato del doppio, con l'affermazione che a chi sa vedere gli esistenti appaiono come esseri luminosi composti di fibre di luce rotanti e dalla forma di uovo e soprattutto col sottolineare il mutamento di prospettiva, per l'iniziato o guerriero, dei valori stessi della percezione.

Insomma, ha detto più di in critico nulla di nuovo sotto il sole, nulla cioè che non appartenga già alle tradizioni esoteriche orientali o a quelle più confuse dell'Occidente. Qualcuno ha parlato addirittura di vero e proprio falso perpetrato nei confronti di lettori ingenui e disposti a credere ad un Castaneda iniziato e interprete di una originale tradizione esoterica degli indios. Evitando di entrare su questo terreno, occorre almeno osservare, ormai a distanza dalla sua morte, che Castaneda ha saputo sintetizzare elementi propri della tradizione india con quelli di tradizioni a noi già note; lo ha fatto in forma narrativa e creando una figura letteraria di notevole contenuto espressivo come Don Juan. Da questo punto di vista egli è certamente un antesignano del nuovo genere letterario che si richiama alla New Age. Non mancano comunque spunti di originalità allorché, per esempio, nel Secondo anello del potere del 1977, descrive le forme della cosiddetta seconda attenzione sulla scia dei Toltechi che occuparono l'altopiano del Messico centrale tra il 200 avanti Cristo e il 900 dopo Cristo:

'Tutto quello che fanno i Toltechi è semplice. El Nagual diceva che per catturare la seconda attenzione basta solo tentare e tentare. Tutti noi fermammo il mondo contemplando foglie secche... Dopo le foglie, contemplavano piccole piante... successivamente contemplammo gli alberi... dopo gli alberi animali in movimento. Gli insetti sono il soggetto migliore, di gran lunga... Il passo successivo fu contemplare le pietre, le rocce...Le rocce non si aprono facilmente ai contemplatori, ma a questi conviene insistere poiché... hanno dei segreti racchiusi nel loro interno... L'ora del giorno è importante nella contemplazione di alberi e rocce. Di mattina presto alberi e rocce sono molto rigidi e la loro luce è debole. Verso mezzogiorno è l'ora migliore... e contemplandoli se ne preleva luce e potere'

La ricerca di visioni attraverso i luoghi e le forme della natura è documentata anche nella poesia dei Pellirosse del nord America, non stupisce quindi trovarla negli sciamani indios del nostro tempo o negli antichi guerrieri toltechi. Il tema della contemplazione e delle tre forme di attenzione è ripreso anche nel libro Il Fuoco del profondo pubblicato nel 1984:

'I veggenti dicono che ci sono tre tipi di attenzione, continuò don Juan... Spiegò che... la prima attenzione è tutto ciò che siamo come uomini comuni... In termini di quel che vedono i veggenti, la prima attenzione è uno splendore intenso color ambra... E' un fulgore che invariabilmente si mantiene fisso nella parte superiore della superficie del bozzolo e che comprende il conosciuto. Invece la seconda attenzione è un fulgore molto più intenso... Ha a che fare con l'ignoto... entra in funzione quando si utilizzano le emanazioni interne del bozzolo (...) La terza attenzione si ottiene... quando lo splendore della consapevolezza si trasforma in fuoco dal profondo: un fuoco che non accende solo un fascio alla volta ma tutte le emanazioni dell'Aquila che sono all'interno del bozzolo dell'uomo... Il fine supremo degli esseri umani -disse- è raggiungere questo livello di attenzione e allo

stesso tempo conservare la forza vitale senza trasformarsi in una consapevolezza incorporea che si muove come un punto di luce tremolante sino a giungere al becco dell'Aquila per essere divorato.'

Con bozzolo, Castaneda intende quell'insieme di fibre rotanti di luce che è ogni uomo e che si rivela come un uovo luminoso a chi è in grado di vedere. Le tre attenzioni consentono di raggiungere tre diversi livelli di realizzazione: con la prima conosciamo il mondo della percezione ordinaria, con la seconda vediamo la realtà non ordinaria. La terza attenzione, infine, tende a realizzare una condizione simile al nirodh o inerzia dei processi corporali del buddhismo. Per accedere a tale stadio è necessaria la conoscenza silenziosa che Castaneda descrive nel Potere del silenzio, pubblicato nel 1987. Quanto all'Aquila, lo scrittore peruviano ne parla in tutti i suoi libri più recenti a cominciare dal Dono dell'Aquila del 1981. L'Aquila è il simbolo con cui gli antichi veggenti toltechi rappresentavano la totalità e il destino: 'Il potere che governa il destino di ogni vivente è chiamato Aquila, non perché sia un'aquila o abbia a che fare con un'aquila, ma perché appare al veggente come un'immensa aquila nera come l'ebano, eretta come stanno erette le aquile, così alta da arrivare all'infinito.'

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