mercoledì 7 dicembre 2011

DOPO LA STANGATA: RECESSIONE E...SECESSIONE?




LA MONETA UNICA E LE VECCHIE MONETE





Tutto è andato come avevo anticipato Domenica su questo blog [cfr. Aspettanto la stangata]. Anzi peggio. Nel decreto del governo Monti, già controfirmato dal Presidente della Repubblica, non c’è traccia del taglio dei costi della politica. Perché - si dice - questo dipende dalla Politica! [si badi bene: per antica consuetudine non per legge].

Non c’è la proposta di un serio accertamento per far pagare le tasse, non tanto a coloro che risultano sconosciuti al Fisco e che tali resteranno forse per sempre, ma agli appartenenti alle corporazioni che da sempre in Italia occultano almeno i 2/3 dei propri guadagni: professionisti ai quali spesso ci rivolgiamo e che ci lasciano scegliere se volere la fattura o farne a meno in cambio di qualche euro di sconto; negozianti e affini con i quali abbiamo a che fare ogni giorno, e quanti vengono talora in casa a riparare l’impianto idraulico, quello elettrico o la TV, a tinteggiare pareti o a costruire un armadio a muro: questi ultimi non ci chiedono neppure se la vogliamo la fattura, e se gliela domandiamo, quando avremo ancora bisogno di loro, state pur certi che non si faranno più vedere. E dire che l’on. Enrico Letta, autorevole esponente del Partito Democratico, nelle sue frequenti incursioni a “Porta a Porta” e non solo, aveva lasciato intendere che il governo Monti, nella sua sete di equità, avrebbe inaugurato la politica degli “incroci”, consentendo ai cittadini di dedurre dalle spese tutte le fatture o quasi tutte, così da far emergere i guadagni in nero della casta delle professioni e dei mestieri. L’on. Letta deve aver dimenticato di parlare con Monti, e forse col suo stesso partito, di quella che evidentemente era solo una sua, peraltro pregevole, idea.


Nel decreto “Salva Italia” non è previsto un tetto massimo per le pensioni e neppure per le liquidazioni in milioni di euro di tanti dirigenti. Non sono previste tassazioni sui patrimoni complessivi superiori al milione e mezzo o ai due milioni e, contrariamente a quello si mormorava, non c’è neppure l’aumento delle aliquote Irpef per i redditi superiori ai 75.000 Euro, misura che per quanto poco gradevole, avrebbe potuto consentire l’abbattimento di almeno un punto sull’aliquota dei redditi più bassi o quantomeno consentire l’indicizzazione delle pensioni almeno sino a 3000 Euro mensili [Di questi tempi, non certo pensioni d’oro, come persino Eugenio Scalfari ha osservato lo scorso Lunedì, intervenendo all’Infedele di Gad Lerner]. E di questo mancato intervento sull’Irpef il presidente Monti si è fatto un vanto ieri sera, nel salotto buono di Bruno Vespa, di fronte a milioni di telespettatori. Questa vicenda me ne ha ricordata una simile svoltasi la scorsa estate. Ricordate quando si parlava di aumentare le aliquote Irpef dei redditi sopra i 100.000 Euro? Poi con un ripensamento solo quelli dai 200.000 in su? Ricordate come poi non se ne facesse più niente? A distanza di pochi mesi si è verificata la stessa cosa: prima s’è parlato di aumenti per le aliquote dei redditi superiori ai 55.000 Euro l’anno, poi solo per quelli oltre i 75.000. Infine, tutto è rimasto come prima.


Dove, allora “SuperMario” [da non confondere con il calciatore Mario Balotelli] ha trovato i mezzi per “salvare” il “treno Italia dal sicuro deragliamento”, secondo le sue stesse parole? Naturalmente dalle pensioni, con la scure che si abbatte così pesantemente tanto da far piangere in diretta TV il nuovo ministro del Lavoro, la garbata e sinceramente commossa prof.ssa Elsa Fornero. Devo essere serio, la misura per quanto appaia impopolare e dettata da eccessivo rigore, ci può anche stare, con l’introduzione per tutti del metodo contributivo, lo slittamento delle pensioni di anzianità, l’età pensionabile delle donne protratta sin d’ora a 62 anni per raggiungere gradualmente, nel 2018, i 67 anni, come per gli uomini. Ci può stare dicevo, anche se è una misura dolorosa e all’apparenza iniqua, perché fa pagare a chi è già in procinto di lasciare il lavoro colpe non proprie. Serve tuttavia per allinearci agli altri paesi europei, ridurre la spesa degli enti previdenziali, riparare gli errori del passato. Ma la cosa che suscita scandalo e vergogna, tanto da provocare le lacrime del neoministro, è che è stata tolta l’indicizzazione delle pensioni dai 936 Euro mensili in su, con l’aggiunta che l’adeguamento parziale all’aumento del costo della vita per le pensioni sino a 935 Euro è reso possibile grazie al prelievo aggiuntivo di un punto e mezzo sui cosiddetti capitali scudati, quei capitali che erano stati fatti rientrare in Italia nell’anonimato e senza penale, versando il 5% del loro ammontare. Prelievo aggiuntivo che non sarà facile esigere, perché fioccheranno i ricorsi di chi si sente forte per aver già firmato un patto con lo stato. Sulla questione dell’indicizzazione e interrompendo il gelido e catastrofico monologo del presidente Monti, l’ineffabile Bruno Vespa ha intrattenuto le platee televisive, raccontando di un amico tedesco che gli ricordava come in Germania non fossero previsti adeguamenti automatici delle pensioni, ma solo un aumento direttamente proporzionale alla crescita del Paese. Benissimo, perché l’inossidabile partner di ogni governo italiano non ha ricordato che le pensioni minime in Germania sono almeno il doppio o il triplo di quelle italiane?


Dove, oltre alle pensioni dei poveri, s’è esercitata maggiormente la fantasia di SuperMario, per “salvare” l’Italia? Naturalmente sulla casa. Con tasse a raffica che sembrano quasi passare inosservate ai partiti, ai sindacati, ai tanti giornalisti che intervengono nei talk-show e di cui gli inermi telespettatori si accorgeranno solo in futuro. Viene introdotta di nuovo l’aliquota sulla prima casa, e questo lo si sapeva, ma questa d'ora in avanti inciderà sull’estimo catastale rivalutato, udite, udite, non già del 30%, come si pensava, bensì del doppio: il 60%. C'è solo da augurarsi che, per quanto riguarda l'Irpef, continui almeno la deducibiltà della rendita catastale sulla prima casa, altrimenti la nuova tassa andrebbe ad aggiungersi al reddito di lavoro, componendo un assai più oneroso imponibile sul quale calcolare l’Irpef. Non parliamo poi della seconda casa. L’aumento sale dello 07,60 ma i comuni possono aumentarla ancora di 3 punti. Vale la pena di aggiungere, anche perché non l'ha detto ancora nessuno, che in questo caso la misura [quasi il doppio dell’ICI che si pagava sino ad ora] graverà pesantemente anche sull'Irpef e, naturalmente, in misura doppia [anno in corso e anticipo del 95% per l’anno successivo]. Le aliquote ICI inoltre salgono ancora in misura progressiva per ogni ulteriore casa che si possieda e sempre incidendo sul calcolo dell'Irpef. Ecco la vera manovra! E come già dicevo Domenica scorsa, molti italiani saranno costretti a svendere le proprie case a chi può vantare ingenti profitti in nero o lauti stipendi a carico dello stato e/o delle sue molteplici e costosissime diramazioni [Aziende pubbliche e/o semi-pubbliche, RAI, ecc…]. Al danno forse irreparabile, il governo Monti aggiunge anche la beffa: la polvere gettata negli occhi dei cittadini, con quel ridicolo prelievo che non vale più di 400 milioni [a fronte dei 30 miliardi di Euro estorti ai poveri e alla piccola e media borghesia] sulle barche, le auto di grossa cilindrata, gli aerei [!] con cui finge di voler colpire i ricchi. E intanto già da domani, come primo regalo di Natale, il governo Monti aumenterà la benzina per tutti.


Chi, oltre allo stato, beneficerà di questa manovra lacrime e sangue [ma non per tutti!]? Di sicuro le banche [esonerate dagli aumenti dell’ICI e con i vantaggi che derivano dalla quasi soppressione del contante, dalla conseguente moltiplicazione delle carte di credito e dai risparmi ricavati dalla circolazione elettronica del denaro] e parzialmente le imprese, che dovrebbero essere incentivate a nuovi investimenti e nuove assunzioni: le cosiddette misure per la crescita. Ma ammesso, e assolutamente non concesso, che queste siano misure adeguate allo sviluppo, a che servirà crescere se diminuirà il numero dei consumatori con una recessione di proporzioni incalcolabili, anche per effetto di ulteriori due punti di aumento dell'IVA a metà del 2012, e quale effetto benefico potranno avere sull'occupazione tali manovre se l’aumento dell’età pensionabile “congelerà” tanti posti di lavoro?


Dicevo Domenica che l’unica equità che il governo Monti avrebbe adottato sarebbe stata quella di dare un colpo al cerchio e uno alla botte [PD e PDL] . Mi sbagliavo, perché il Partito Democratico esce con le ossa rotte dal decreto “salva Italia”. Encomiabile persino il comportamento del centro-sinistra se davvero con questo decreto si riuscisse a “salvare” l’Italia. Encomiabile davvero l’entusiasmo con cui i militanti del PD guardano il governo Monti, come si evince dai sondaggi che circolavano ieri, di gente che non ha ancora compreso l’entità della manovra che finirà per schiacciarli. O forse ha compreso, ma è disposta a sopportare tutto, paga di essere riuscita finalmente a scacciare l’odiato Berlusconi. Per uno strano paradosso, minore è l’entusiasmo del tradizionale elettorato di centro-destra per SuperMario, forse perché s’è già fatto un po’ di conti. Eppure il PDL esce bene, nel complesso, dalla manovra e si dice che otterrà ancora una volta [unitamente alla Rai] il regalo delle frequenze televisive per Mediaset, per un valore commerciale stimato in 16 miliardi, ciòè più del 50% del valore dell’intera manovra governativa. E inoltre i dirigenti del PDL già intravedono all’orizzonte l’ennesima sconfitta del Partito Democratico alle prossime elezioni politiche, magari alleandosi con l’UDC, e fidando nel malcontento che inevitabilmente si riverserà sul Partito Democratico quando gran parte del suo elettorato si accorgerà della vera portata di queste misure di “salvezza” approntate dal governo Monti.


Non per fare “catastrofismo”, ma ognuno vede che con queste manovre l’Italia non sarà “salvata” ma condotta alla più nera recessione e c’è persino da temere che la secessione minacciata dalla Lega Nord non sia più soltanto una trovata folcloristica e propagandistica. Eppure c’è già chi si consola, osservando come lo spread sui BPT decennali sia sceso ieri sino a 368 punti per merito delle misure adottate dal governo Monti. Non si è accorto che nelle stesse ore si sono ridotti gli spread di tutti gli altri paesi, quello della Spagna a 286 da oltre i 400 dei giorni scorsi, quello della Francia passato da 150 a 91. Si è trattato dunque di una particolare e fortuita congiuntura, tant’è che lo spread sui BPT biennali è cresciuto già ieri sino a 535 punti, che oggi l’indice di Borsa ha perso un punto e mezzo e che anche lo spread sui BPT decennali è tornato a salire. La verità è che il Mercato non si fida di tante tasse e dei pochi tagli apportati alla spesa corrente, sicuri indici di recessione e di possibilità di crescita del tutto inesistenti.


sergio magaldi































































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