domenica 12 febbraio 2012

IL PARADOSSO MONTI


Zenone di Elea [V sec.a.C.] formulò il più celebre
paradosso della Storia, quello di 'Achille e della 
tartaruga':"In una gara di corsa,se il piè veloce 
Achille parte con un leggero svantaggio su una tar-
taruga, non riuscirà mai a raggiungerla".



 In queste ore di celebrazione mediatica del presidente del consiglio Monti, impegnato sul fronte americano, viene da chiedersi quali meriti egli abbia contratto in patria e all’estero per raccogliere un così vasto numero di consensi. Il paradosso Monti consiste proprio nel fatto che più il suo governo “colpisce” la maggior parte degli italiani più aumenta il numero di coloro che lo sostengono. La spiegazione, pur nella sua complessità, è abbastanza semplice. In un precedente articolo [ cfr. in questo stesso blogCorporazioni di tutta Italia unitevi!”], vagheggiavo la formula che uno stato contemporaneo neo-liberista deve adottare per far fronte agli attacchi speculativi di chi detiene e controlla il potere finanziario sul pianeta. Uno stato che al tempo stesso di quel potere voglia assecondare i disegni. Gli obiettivi da perseguire ad ogni costo sono: il pareggio di bilancio e la riduzione del debito pubblico. Gli strumenti più idonei a conseguirli sono le tasse e la riduzione di stipendi e pensioni.  Scrivevo allora tra l’altro:

 “Lo Stato contemporaneo ha necessità di tassare i cittadini oltre la decenza? Non lo farà con tutti e allo stesso modo[…] Per prima cosa lo Stato colpirà i poveri [termine che non va confuso con quello in uso nei secoli scorsi, perché si tratta di salariati al limite della sopravvivenza e comunque in grado di essere tassati alla fonte del loro modestissimo reddito], non solo e non tanto perché sono il maggior numero [il che pare, ma non lo è, addirittura un paradosso dal punto di vista della “pericolosità sociale”], quanto perché, di là di qualche lamentazione di facciata, non hanno nei media chi possa difenderli con interesse e credibilità […] Il secondo atto consisterà nel colpire il ceto medio con reddito più o meno accertabile alla fonte […]”.

 A questo punto- osservavo- sarà utile introdurre dei diversivi:

 “Si comincerà col far finta di perseguire anche i ricchi, termine con il quale si designa oggi non solo il detentore di grandi sostanze, più o meno palesi, ma anche i grandi boiardi, i dirigenti di banche ed enti pubblici e privati, nonché i membri delle corporazioni di arti, mestieri, professioni e della politica che, come dicevo sopra, in una Democrazia degenerata in Partitocrazia, è una vera e propria corporazione”.

 È noto a tutti che per una larga parte dei membri delle suddette corporazioni, una buona fetta della ricchezza è assicurata dagli statuti degli Ordini, vecchi di circa un secolo e/o da regole talmente rigide da scoraggiare l’ingresso di nuovi soggetti nel mestiere, nell’arte o nella professione, a meno che non si tratti di figli, parenti e amici di coloro che ne fanno già parte. Questa, d’altra parte, è la regola aurea a difesa di ogni lobby e corporazione.  È noto altresì all’opinione pubblica che un’altra fetta della stessa ricchezza – per molti degli appartenenti alle corporazioni, esistenti di diritto e di fatto in Italia – proviene dall’evasione fiscale e, allorché si parla di politici e di soggetti che abbiano a che fare con la cosa pubblica, dalla corruzione.

 Liberalizzazioni e lotta all’evasione fiscale saranno allora le successive “mosse” dello Stato neo-liberista che voglia al tempo stesso vedere crescere il consenso attorno a sé e proclamarsi “giusto ed equo”, osservavo ancora in quell’articolo. Le corporazioni si solleveranno, aggiungevo, minacciando di paralizzare il Paese e costringendo il governo, in un tacito gioco delle parti, a fare non mini-liberalizzazioni, ma pseudo-liberalizzazioni. E la lotta contro gli evasori si farà spettacolarizzando, con l’invio di squadre di ispettori fiscali a frugare nelle tasche di chi trascorre le vacanze nelle località alla moda o si aggira nelle strade più lussuose delle città a fare shopping, e ancora con la pubblicità televisiva e radiofonica, pagata dai cittadini [sarebbe interessante sapere per quale ammontare di spesa e con quali “ritorni”], con battute “demenziali” o almeno inutili del tipo: “Se le tasse le pagano tutti, le tasse ripagano tutti” o “Esistono vari tipi di parassiti, ma quello peggiore di tutti è il parassita fiscale”.

 Non basta, Lo Stato proclamerà solennemente – scrivevo ancora in quell’articolo – “che d’ora in avanti si procederà con il ‘controllo incrociato’ che non è, come si potrebbe pensare e sarebbe auspicabile, il riscontro tra le fatture rilasciate da professionisti commercianti e artigiani e le relative detrazioni fiscali dei comuni cittadini, ma semplicemente il confronto tra il reddito dichiarato e le spese effettuate da un soggetto fiscale. Insomma il “redditometro” di antica memoria, già sperimentato in passato con i risultati che tutti conoscono…

 Concludevo l’articolo osservando che, assolti tutti i precedenti impegni, il governo dello Stato neo-liberista si sarebbe dedicato infine a liberalizzare il mercato del lavoro, l’unica riforma “liberale” che veramente gli preme e che sostanzialmente si riduce alla possibilità di licenziare, nel pubblico come nel privato.

 Ebbene, se si guarda a quanto è accaduto nei giorni scorsi e sta accadendo in questi, si vedrà che il presidente Monti non ha fatto altro che adottare alla lettera il modello ad uso dello Stato neo-liberista contemporaneo, pseudo-liberalizzazioni comprese. I lettori ricorderanno come nei giorni passati tutte le categorie “liberalizzate” minacciassero scioperi: dai tassisti ai benzinai, dai farmacisti ai notai e agli avvocati ecc… Tassisti a parte [la corporazione più debole], chi si ricorda più delle tante minacce corporative di paralizzare il Paese? Riprenderanno nei prossimi giorni, se il decreto dovesse essere approvato così com’è dai due rami del Parlamento? Ne dubito. È chiaro ormai il principio che ispira questo governo: “colpire i deboli, facendo credere di voler colpire anche i forti”. In fondo nulla di nuovo sotto il sole, anzi no, perché, a differenza del passato, questa volta si proclama la ferma volontà di dividere i sacrifici in eguale misura tra tutte le classi sociali. E c’è chi ci crede o fa finta di crederci, persino il presidente della Repubblica.

 Lo stato neo-liberista non può permetterselo: il suo credo sta proprio nel promuovere le distanze sociali, per incrementare il capitale finanziario, rassicurare una ristretta élite dirigente,  impadronirsi di beni pubblici in svendita e insieme poter disporre di una forza-lavoro più malleabile e a più basso costo. Un po’ come sta avvenendo in tutte le nazioni occidentali. Cos’è l’Europa? Un duopolio franco-tedesco per imporre le proprie leggi agli altri membri. Il demone della “crescita” è talmente presente in questa Weltanschauung che si guarda con invidia alla Cina, alla sua “crescita” annuale in doppia cifra, uno stato sedicente comunista che può vantare la forza-lavoro a più basso costo dell’universo industrializzato. Il progressivo smantellamento del Welfare in Occidente, soprattutto in quello dove predominano classi politiche corrotte, evasione fiscale, debito pubblico elevato e criminalità organizzata, rappresenta la chiave di volta del progetto neo-liberista di dominio del mondo.   

 Non a caso da oltre Oceano Monti ci tiene a far sapere che la riforma del mercato del lavoro in Italia è ormai prossima. Può tutto ciò non garantirgli il plauso di coloro che da sempre gravitano, più o meno da vicino, nell’orbita del potere finanziario? A quale uomo politico italiano, anche se spacciato per tecnico, sarebbe riuscito quanto è riuscito a Monti? La risposta è: “a nessun altro” e questo spiega in nuce la misura del consenso e il perché, “orbitanti” a parte, egli goda, a quel che ne dicono i sondaggi più o meno interessati, del favore della maggioranza degli italiani.

 Il paradosso Monti si basa innanzi tutto sul fatto che, a sostenerlo, è proprio quel ceto medio su cui si è abbattuta maggiormente la scure del governo. Se così non fosse, non si vede come potrebbe raggiungere nei sondaggi una così alta percentuale di consensi. Perché? Proviamo a esaminarne le ragioni, molte delle quali sono, come sempre accade in queste circostanze, di natura sociologica e psichica:

1)Innanzi tutto l’assoluta inefficienza della classe politica tradizionale, la sua trasversale corruzione, la mancanza di un leader carismatico, caduto ormai il falso idolo che piaceva non solo alla “buona” borghesia, ma anche al ceto medio e persino ai poveri, modello del self-made-man, vincente e fortunato in cui rispecchiare il riscatto delle proprie frustrazioni.

2)Il fatto che il ceto medio, aumenti della benzina a parte e poco altro, non abbia ancora “assaporato” sino in fondo tutte le misure varate dal governo e che verranno alla “degustazione” solo nei prossimi mesi, con l’aumento dell’Iva al 23%, la consueta denuncia dei redditi, il pagamento della nuova Ici.

3)La figura stessa di Monti: fisica e morale. Un capo di governo che parla poco, sorride meno, che sembra respirare e muoversi a sangue freddo, un “ragionier robotico” per alcuni, ma per la maggior parte un uomo inattaccabile, al di sopra dei partiti e delle passioni dei comuni mortali, e del quale si dice che goda del favore dei poteri forti, il che non guasta per la psiche dell’uomo medio. Un leader che dà l’impressione si sapersi “intrufolare” tra Merkel e Sarkozy, che in statura sorpassa di una spanna, un uomo asciutto e sobrio che dichiara candidamente di voler insegnare la sobrietà e un nuovo modo di vivere agli italiani, un presidente che va negli U.S.A., parla speditamente l’inglese con Obama, con gli esponenti del potere finanziaro, con i giornalisti e al quale il Time “regala” la copertina con l’esaltante interrogativo: “Può quest’uomo salvare l’Europa?”.

4) Un presidente del consiglio che piace a sinistra, è esaltato al centro e non spiace alla destra. L’unico governante che negli ultimi tempi abbia saputo tranquillizzare gli italiani per via dell’abbattimento di oltre cento punti del “famigerato” spread. Ma sulla questione dello spread e del suo “saliscendi”, visto che proprio Venerdì scorso, a chiusura della settimana borsistica e con Monti in visita a Obama, è risalito in un sol giorno di circa 30 punti, sarà bene andarsi a leggere in rete il pregevole articolo di Sergio Di Cori Modigliani di Mercoledì 8 Febbraio:”Mario Monti al Grande Appuntamento con Barack Obama”.

5) Il mito di Cincinnato, il dittatore che Tito Livio definì “spes unica imperii populi romani”. Di un uomo che, distolto dagli studi e dalle abituali occupazioni, salvata l’Italia, tornerà in gran fretta ad “arare il proprio campicello”.

 L’elenco potrebbe continuare, ma credo che quelli accennati siano motivi sufficienti a spiegare il paradosso Monti.

 Ciò detto, c’è forse un secondo paradosso che giustifica il primo. Per quanto ingrato possa apparire agli occhi dei detrattori del “ragioner robotico” e apprezzabile da parte dei suoi sostenitori. L’Italia, non potrebbe, anche volendo, sfilarsi dal novero degli stati neo-liberisti che in Europa la fanno ormai da padroni. A meno che… a meno che non si verificasse l’ipotesi accennata nel citato articolo di Sergio Di Cori Modigliani. Ipotesi suggestiva, ma quanto mai improbabile, non solo perché proprio a Wall Street pulsa il cuore dell’alta finanza, ma anche perché il presidente Obama, pur con tutte le sue velleità, non ha dato segno sino ad oggi di volere e/o saper gestire una politica economica di segno contrario a quel potere finanziario che fa il bello e il cattivo tempo e che si annida nelle radici stesse del suo Paese.

 Insomma, che lo voglia o no, l’Italia è condannata ad una politica economica neo-liberista. Chi saprebbe gestirla meglio di Monti? Non certo i leaders dei principali partiti politici, tutti assimilabili tra loro quanto a capacità, conoscenza e impotenza dei modi e dei tempi di gestire una crisi decisa a tavolino dai poteri forti. Né certamente i Dini, i Ciampi, i Giuliano Amato se potessero o ne esistessero degli altri. Valga per tutti l’esempio delle cosiddette liberalizzazioni. Per quanto Monti abbia fatto solo pseudo-liberalizzazioni, il parlamento italiano, formato in gran parte da rappresentanti degli ordini professionali, ha già presentato una moltitudine di emendamenti, più di 400 solo di PD e PDL che pure appoggiano il governo, per togliere anche quel pochissimo di liberale contenuto nel decreto. E per quanto ci sia qualche giornalista che stimo, affermare il contrario e cioè che se quegli emendamenti fossero accolti si avrebbe una vera liberalizzazione, resto dell’idea che gli emendamenti approvati sarebbero solo quelli per “togliere” e non per “aggiungere”.

 Dunque, con Mario Monti, piaccia o no, e personalmente mi costa ammetterlo, l’Italia ha scelto “il meglio” con cui allinearsi al volere dei poteri forti che con paziente sagacia hanno tessuto la tela promovendo e favorendo attraverso il controllo dei media, prima la più grande immigrazione di popoli che si sia mai vista in Occidente, poi l’introduzione dell’euro, l’Europa economica a direzione franco-tedesca, il mercato globale, e infine la crisi irreversibile degli stati nazionali con la “cinesizzazione” della classe media. Troppo tardi ormai per tornare indietro. Anche se ci si può provare.


sergio magaldi
   

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