venerdì 2 marzo 2012

MUSSOLINI E MATTEOTTI: IL PRIMO TASSELLO DEL GOLPE, dal libro "IL GOLPE INGLESE..." di M.J. CEREGHINO e G.FASANELLA, Chiarelettere, 2011




IL GOLPE INGLESE. DA MATTEOTTI A MORO: LE PROVE DELLA GUERRA SEGRETA PER IL CONTROLLO DEL PETROLIO E DELL’ITALIA, di Mario José Cereghino e Giovanni Fasanella, Chiarelettere, Settembre 2011, pp.355.


 Com’è noto, sulla base dei documenti degli archivi di Stato di Kew Gardens [Londra], resi noti solo da qualche anno, gli autori del libro sostengono la tesi di un vero e proprio “golpe inglese” ai danni del nostro Paese per orientarne le vicende politiche ed economiche durante un intero secolo. Dopo l’appoggio determinante dato all’unificazione italiana, in funzione anti-francese, il primo tassello del presunto golpe sarebbe rappresentato dal sostegno inglese al governo Mussolini, nella drammatica occasione del delitto Matteotti.

 Per la verità, “l’aiuto” a Mussolini non fu esclusivo degli inglesi, riguardò anche gli americani, i sovietici [con grave disappunto di Gramsci e Togliatti] e i paesi europei più importanti. Liberali come Giovanni Giolitti e Luigi Einaudi ebbero parole di sostegno per il Presidente del Consiglio e Benedetto Croce nell’esprimersi in Senato in suo favore, parlò del voto “prudente e patriottico” che aveva salvato il governo in carica.

 In Italia, come in Europa, si credeva nell’innocenza di Mussolini e sulla sua capacità di governare un Paese in crisi perenne dalla fine della prima guerra mondiale. Nonostante il discorso di “ammissione di responsabilità oggettiva”, pronunciato nel Gennaio del 1925, nel rivolgersi al Parlamento il 13 Giugno 1924, quando il cadavere di Giacomo Matteotti non era stato ancora ritrovato [lo sarà solo due mesi più tardi], il futuro duce si espresse con un linguaggio che ai più parve sincero:



 "Se c'è qualcuno in quest'aula che abbia diritto più di tutti di essere addolorato e, aggiungerei, esasperato, sono io. Solo un mio nemico, che da lunghe notti avesse pensato a qualche cosa di diabolico, poteva effettuare questo delitto che oggi ci percuote di orrore e ci strappa grida di indignazione"

  Discorso avvalorato, come s'è scritto più volte, dalla telefonata con il fratello Arnaldo della notte precedente [esistevano già le intercettazioni?!]:

 "...Tutti si scagliano contro di me e mi rendono responsabile di ciò che è avvenuto! ...E' vero che Matteotti mi aveva piantato non poche grane, ma non è meno vero che, essendo il miglior uomo di quella masnada e, soprattutto, il più coerente e sincero, per quanto impulsivo, ho sempre avuto per lui quasi un'ammirazione. Sono rimasto veramente addolorato per ciò che è accaduto!"

 Del resto, la tesi della probabile innocenza di Mussolini nel delitto Matteotti è fatta propria anche da M.J. Cereghino e G.Fasanella, proprio per dimostrare il coinvolgimento inglese nella vicenda. Infatti, la responsabilità del delitto viene fatta ricadere “sugli ambienti massonici che collegano il regime ai britannici”[p.13]. Amerigo Dumini, maestro della Gran Loggia nazionale di piazza del Gesù e che lavora alle dipendenze del capo della polizia Emilio De Bono, è riconosciuto, insieme con altri sicari, come l’esecutore materiale del delitto. Resta da sapere chi siano i mandanti.

 De Bono è un gerarca piemontese, legato alla massoneria inglese e fedelissimo di casa Savoia. Anche il sottosegretario agli Interni Aldo Finzi, Giovanni Marinelli al vertice del Partito Nazionale Fascista e Cesare Rossi, capo ufficio stampa della presidenza del consiglio, sono fascisti e massoni in collegamento con la massoneria britannica. Il 17 Giugno del 1924, a seguito delle indagini della magistratura e sull’onda dell’emozione suscitata nell’opinione pubblica, Mussolini impone le dimissioni dei quattro gerarchi dalle rispettive cariche e costringe Marinelli e Rossi, dopo qualche giorno di latitanza, a costituirsi.

 La tesi degli autori circa il “coinvolgimento britannico” in queste drammatiche vicende – dopo una serie di approfondimenti sulla figura di Dumini, per la sua presumibile appartenenza anche ai servizi segreti inglesi – si può riassumere così: Matteotti non sarebbe stato assassinato per motivi politici ma in relazione “all’affare Sinclair” e in stretto collegamento con ambienti massonici e governativi della Gran Bretagna. 

 Negli anni Venti il mercato petrolifero italiano era per l'80% nelle mani della società americana Standard Oil of New Jersey, che operando praticamente in regime di monopolio, manteneva un prezzo altissimo a scapito del Paese, proprio mentre il processo d’industrializzazione avrebbe reso necessario un costo più basso della benzina e dei derivati del petrolio.  Nel 1923, tuttavia,  l’Italia sembrò poter approfittare della concorrenza della Anglo Persian Oil Co., azienda di proprietà dello stato inglese. In accordo con il nostro Ministero delle Finanze, la britannica A.P.O.C. riuscì a scalzare in maniera significativa la concorrenza americana. L’accordo prevedeva la possibilità di esplorare il suolo nazionale e il deserto libico per l’eventuale sfruttamento di nuovi giacimenti, nonché la fornitura di greggio per lo Stato italiano ad un prezzo notevolmente più basso di quello imposto dalla Standard Oil. Ma, inaspettatamente, una nuova azienda americana, la Sinclair Oil, dietro la quale in realtà si nascondeva la stessa Standard Oil, stipulò  il 29 aprile 1924 una convenzione con il governo italiano a costi piu’ alti dell’azienda inglese, sollevando gli interrogativi e le proteste dell’opposizione parlamentare.

 Giacomo Matteotti, in viaggio in Inghilterra tra la fine di Aprile e i primi di Maggio [viaggio riferito anche dagli autori del libro, che almeno di essermi distratto, non riportano la data del soggiorno a Londra, che pure mi sembra significativa] fu messo a conoscenza da ambienti massonici e laburisti [dal mese di Gennaio e sino al Novembre del 1924 i laburisti governarono il Paese con  Ramasay Mac Donald] della corruzione di imprenditori e politici italiani nell’affare Sinclair, del coinvolgimento nello scandalo anche di Arnaldo Mussolini, che avrebbe ricevuto una tangente di 30 milioni di lire, e [secondo una tarda testimonianza che il giornalista Gian Carlo Fusco raccolse da Aimone di Savoia] persino del re Vittorio Emanuele III, divenuto azionista della Sinclair, senza sborsare un soldo e profittando dei futuri pingui dividendi del petrolio libico, alla sola condizione di mantenere il segreto sulla presenza degli immensi giacimenti già individuati nella Libia italiana [?!].Lo stesso Aimone di Savoia avrebbe riferito al Fusco che Matteotti,a Londra nell'Aprile del 1924, ricevette i documenti comprovanti la corruzione italiana dalla loggia massonica LUnicorno e il Leone.

 Il teorema di M.J. Cereghino e G. Fasanella, circa il coinvolgimento britannico nel caso Matteotti, continua ad essere costruito, portando a sostegno una citazione del giornale fascista Il Popolo d’Italia, contenuta in un articolo firmato con lo pseudonimo di “Spettatore”, dietro il quale si nascondeva quasi sicuramente lo stesso Mussolini:

 “Non mi meraviglierei che dovesse risultare domani come la mano stessa che forniva a Londra all’on. Matteotti i documenti mortali, contemporaneamente armasse i sicari che sul Matteotti dovevano compiere il delitto scellerato.”[p.18]

 L’ingegnosa “costruzione” degli autori prosegue alacremente per  giungere infine di fronte al dilemma di una contraddizione di cui essi stessi si avvedono, ma di cui non sembrano tener conto:

  “La contraddizione, almeno all’apparenza, è evidente: perché la mente che ha armato Matteotti contro Mussolini, consegnandogli documenti compromettenti, avrebbe dovuto contemporaneamente armare anche la mano dei suoi assassini prima che potesse pronunciare il suo discorso in parlamento?”[p.18]

  La risposta degli autori sembra doversi ricercare nel “presunto doppio gioco degli inglesi”, di cui tuttavia a giudizio degli stessi non può darsi fondamento certo. Azione degna della “perfida Albione”, dunque, se rispondesse a verità. Con quali ulteriori argomenti, “i nostri” si congedano dal primo tassello del “golpe inglese”? Le carte “segrete” e compromettenti, sottratte a Matteotti dalle mani di Dumini e consegnate a De Bono, sarebbero state affidate a Churchill allo scopo di ricattare Mussolini, tant’è, concludono gli autori, che alla fine tutto si conclude secondo gli interessi inglesi: Mussolini non cade, Matteotti non parla, l’accordo con l’americana Sinclair non viene ratificato dal Parlamento per volere del duce [p.28]

 A mio parere, resta da esaminare qualche particolare sul quale i nostri pur bravi autori non si sono soffermati.

 La cronaca riferisce che Matteotti uscì dalla propria abitazione di via Pisanelli 40 alle 16.30 di Martedi' 10 giugno 1924 per recarsi alla biblioteca della Camera, dove avrebbe messo a punto il discorso da tenere il giorno dopo in Parlamento. Non ci arrivò mai, perché sul Lungotevere Arnaldo da Brescia s’imbatté nell’auto con la pattuglia di sicari al comando di Amerigo Dumini. Matteotti avrà pure tenuto delle “carte” con sé, magari l’intero discorso da fare l’indomani, ma come si può pensare che recasse anche i documenti scottanti che comprovavano la corruzione del regime e/o della monarchia? Non aveva confidato ai compagni che si congratulavano con lui dopo il discorso del 30 Maggio: “Ed ora potete anche prepararmi l'orazione funebre”? Un uomo che si aspettava di essere aggredito da un momento all’altro sarebbe andando in giro recando con sé “gli scottanti documenti”? E per di più non per mostrarli in Parlamento ma per rileggerli in biblioteca?

 D’altra parte, queste “carte segrete” non saranno mai trovate. Inoltre se le avesse ricevute a Londra nell’Aprile del ’24 non si vede perché avrebbe dovuto attendere sino al giorno 11 Giugno per esibirle in Parlamento. Non sarebbe stato più conveniente farlo in occasione del famoso discorso del 30 Maggio? E ancora, a consegnare a Matteotti i cosiddetti documenti della corruzione sarebbero stati i laburisti, al governo per quasi tutto il 1924, mentre il beneficiario ne sarebbe stato Churchill che ritornò ad incarichi di governo [Cancelliere dello Scacchiere] solo alla fine dell’anno con il nuovo governo conservatore.

 La mia personale convinzione è che queste “carte segrete” non siano mai esistite. Il trattato con la Sinclair  era stato formalizzato alla luce del sole, con un  decreto da ratificare in Parlamento e il denaro da versare in tangenti a imprenditori e politici, come la maggior parte delle volte accade, sarebbe avvenuto attraverso i soliti "canali riservati" e non certo sulla base di compromettenti impegni scritti.

 Tutta la stampa inglese denunciò il movente affaristico del delitto Matteotti. E mi domando quale interesse potesse avere la Gran Bretagna ad occultare a vantaggio degli americani un accordo fatto nella corruzione e contro un’azienda nazionale come l’A.P.O.C., semmai il suo interesse sarebbe stato di denunciare l’inganno. Circa i presunti documenti consegnati a Matteotti, vale forse la pena di ascoltare lo storico inglese Denis Mack Smith: «Uno dei motivi che portarono all’uccisione del parlamentare stava proprio nel fatto che egli si era recato in Inghilterra con informazioni sul sistema di corruzione che stava contribuendo a finanziare la rivoluzione fascista: una tale pericolosa fonte di informazione doveva essere soppressa a tutti i costi». In altre parole, Matteotti, a Londra più che ricevere documenti, si sarebbe limitato ad informare.

 Quale il movente del delitto, allora? Chi i mandanti? Si possono fare solo congetture. Certamente quella della corruzione. Lo scandalo sarebbe stato enorme se si fosse saputo che il fratello del duce e forse persino il re erano coinvolti. E i mandanti del delitto potrebbero  aver pensato che Matteotti avesse davvero in mano le prove concrete della corruzione. Si può aggiungere tuttavia anche il movente politico. Non solo perché Matteotti aveva già accusato il governo di aver fatto tenere le elezioni in un clima d’intimidazione, ma soprattutto perché una parte del fascismo [sembra con Farinacci in testa] e una discreta fetta dell’imprenditoria nazionale temeva le ventilate aperture a sinistra di Benito Mussolini: far entrare nel governo i socialisti più moderati e addirittura alcuni sindacalisti della Confederazione Generale del Lavoro. Ciò che non sarà più possibile all'indomani del delitto Matteotti.

Sergio Magaldi

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