domenica 24 giugno 2012

LA FINANZA AL GOVERNO



 Torno brevemente sulla questione del governo, espressione della Finanza che, pur nelle sue diverse connotazioni internazionali, in Italia appare costituito – come ho sostenuto nei post  del 20 e del 22 Giugno – da cattolici vaticani e massoni internazionali.

 L’argomento, come i lettori ricorderanno, era stato introdotto casualmente, una prima volta, nel recensire il libro di Gianluigi Nuzzi, Sua santità. Le carte segrete di Benedetto XVI, Chiarelettere, Milano, 2012, 

una seconda nel rispondere alla critica dei “Fratelli di grande oriente democratico” circa la mia affermazione conclusiva: “[…]Il paradosso più grande – scrivevo riferendomi a tale governo - è che non sono sicuro che questo sia un male!”.

 Nel post del 22 Giugno, ricordavo il brano del post precedente, dal quale era scaturita la conclusione che tanto aveva scandalizzato "Grande oriente democratico", e aggiungevo qualche chiarimento in più:

  “Parafrasando il Marx del Manifesto, la finanza internazionale ha strappato il velo di sentimentalismo con cui i cittadini riguardavano i partiti politici e i fedeli la propria chiesa. Alle illusioni religiose e politiche, ai tanti balletti ideologici e compromissori sulle riforme da realizzare e mai realizzate, alla sterilità affamata di una casta politica vergognosa, la finanza ha sostituito una presa del potere aperta, diretta, brutale e spietata.

 In Italia, cattolici vaticani e massoni internazionali si sono rimboccati le maniche, usciti allo scoperto, uniti dall’amore verso l’unico dio – il denaro – hanno rinvigorito le proprie chiese – le banche – e si apprestano a governare per largo tratto. Il paradosso più grande è che non sono sicuro che questo sia un male!”

 Senza amore di polemica, ricordo ai “fratelli di grande oriente democratico” il passo del Manifesto di Marx al quale mi riferivo: 

“[…] La borghesia ha svolto nella storia un ruolo essenzialmente rivoluzionario. Dovunque ha preso il potere, la borghesia ha calpestato i rapporti sociali feudali, patriarcali e idilliaci. Essa ha spezzato senza pietà tutti i variopinti legami che univano l’uomo del feudalesimo ai suoi naturali superiori, non lasciando in vita nessun altro legame tra uomo e uomo che non sia il freddo interesse, il gelido argent comptant. La borghesia ha fatto affogare l’estasi religiosa, l’entusiasmo cavalleresco, il sentimentalismo del piccolo borghese nelle acque ghiacciate del calcolo egoistico. Essa ha fatto della dignità personale un semplice valore di scambio; ha sostituito alle numerose libertà, conquistate a caro prezzo, l’unica e spietata libertà del commercio. In una parola; la borghesia ha messo al posto dello sfruttamento velato da illusioni religiose e politiche uno sfruttamento aperto, diretto, brutale e spietato.


La borghesia ha spogliato della loro aureola tutte le professioni fino ad allora considerate venerabili, e venerate. Ha trasformato il medico, il giurista, il prete, lo scienziato in lavoratori salariati.


La borghesia ha strappato il velo di sentimentalismo che ricopriva i rapporti familiari, riducendoli a puri e semplici rapporti monetari […]”

 Dall’analisi di Marx emerge un paradosso: la borghesia ha smascherato la società feudale, ha fatto apparire per la prima volta, in tutta la sua tragica luce, lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.

 Allo stesso paradosso mi riferivo, concludendo il post: non è meglio avere di fronte i burattinai, in luogo delle loro marionette?”.


 Alla questione, è forse necessario che io aggiunga  qualcosa. Il paradosso cui mi riferivo non esprimeva solo un’analogia. Quando la politica, non è più in grado di esercitare il ruolo, come dice Marx, di “comitato d’affari della borghesia” e addirittura dilapida le risorse pubbliche a proprio vantaggio, facendosi casta inconcludente e corrotta, la finanza scende direttamente in campo e non è un mistero per nessuno da quali ambienti discenda, nel nostro Paese, e per quali scopi. Così, però, è costretta a fare in proprio il lavoro sporco, perché anche servendosi di tecnocrati, è ben visibile chi dirige il gioco.  

 Il riferimento a Marx può apparire retorico, pretestuoso e persino romantico, considerando che si sta parlando di uno scritto ottocentesco e che il suo autore è stato da tempo messo in cantina proprio da chi lo ha usato, abusandone ampiamente per oltre un secolo. 
Se si possiede la pazienza di rileggere tutto il Manifesto, si comprenderà meglio il senso di certe affermazioni di Marx. La borghesia è rivoluzionaria e come tale rivoluziona di continuo se stessa, poco preoccupandosi delle conseguenze sociali, ideologiche, politiche e religiose implicite nei suoi mutamenti. Al contrario, e sotto questo aspetto, il suo ruolo è quello di portare alla luce lo sfruttamento nascosto, di smascherare continuamente la reazione e il suo impero ammantato di paternalismo, carità e pie intenzioni, di promuovere le libertà civili e ogni emancipazione utile a generare il profitto. Non a caso, più di uno studioso ha visto nel Manifesto e nel Capitale un monumento elevato da Marx alla borghesia, più che un atto di accusa contro di essa; di là dagli schematismi semplicistici con i quali, soprattutto da parte politica, si è voluto guardare al filosofo ebreo-tedesco: la classe oppressa dei lavoratori salariati, in omaggio alla dialettica hegeliana,  abbatterà fatalmente la borghesia!
 Come osserva acutamente Giulio Tremonti - che marxista o marxiano non è mai stato – “(…) E’  proprio con la globalizzazione che si è avverata la profezia di Marx: ’All’antica indipendenza nazionale si sovrapporrà una interdipendenza globale’ ”, (p.211, G.Tremonti, Uscita di sicurezza, Rizzoli, Milano,212).

 Nel rivoluzionare costantemente se stessa, la borghesia occidentale ha trasformato l’economia di mercato in economia globale. Al posto della tradizionale produzione di merci, della crescita dei pil nazionali e della diffusione del lavoro, la borghesia che oggi conta, la borghesia finanziaria, ha messo al centro dell’attenzione l’unico oggetto che le sia stato mai veramente  a cuore: il denaro, vero o virtuale, con il quale, al protetto dei  nuovi santuari – banche e borse – specula alacremente, regola a volontà il comportamento di stati e continenti senza infrangere leggi e, con la benedizione dei palazzi della politica, di cui ormai quasi ovunque ha preso a governare le stanze,  realizza profitti prima inimmaginabili.

 La globalizzazione, tuttavia, non è il “disegno malvagio” di chissà quale gruppo di “illuminati” che finga di avere a cuore il benessere e la felicità del maggior numero. La società globale è l’ultima figlia legittima e naturale di una borghesia che non può vivere senza rivoluzionare costantemente se stessa. È partorita, questo sì, dopo lunga gestazione e provvide cure, più facilmente accettate perché fatte passare come conquiste di libertà, di civiltà e di giustizia. È preceduta da eventi che la rendono inevitabile: la caduta del comunismo sovietico, l’aprirsi di un grandioso e “libero” mercato dell’est europeo, lasciato alle ambizioni della Germania unificata, il basso costo del lavoro in Asia e in altre aree del mondo, la necessità psicologica e monetaria di consumo delle società opulente, la nascita dell’euro e così via…

 La finanza al governo, dunque, non è che lo sbocco naturale della società globale, a cominciare da quei paesi la cui classe politica si sia dimostrata inaffidabile e corrotta… il caso dell’Italia, appunto.

sergio magaldi

  

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