martedì 26 febbraio 2013

LA GRANDE OPPORTUNITA' ALL'INDOMANI DEL VOTO






 La quasi totalità dei media, nazionali e internazionali, parla questa mattina di una sostanziale ingovernabilità del Paese, dopo il risultato elettorale che assegna alla Camera la vittoria  alla coalizione di centro-sinistra, per una manciata di voti  presa in più degli avversari di centro-destra, e grazie ad i meccanismi di una legge elettorale più iniqua, sotto il profilo democratico, persino della legge Acerbo voluta dai fascisti nel 1923 e della cosiddetta “Legge truffa” approvata dai democristiani trent’anni dopo. Com’è noto, tuttavia, la netta maggioranza, comunque conseguita alla Camera, non basta per governare al Senato, dove la coalizione PD-SEL può fare maggioranza  solo alleandosi contemporaneamente con il Centro di Monti e  con il  Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo o anche soltanto con quest’ultimo.

  Non mancano i soli “epimeteici” commenti, quelli del “senno di poi”, per ciò che il PD avrebbe dovuto fare e non ha fatto quando godeva di un vantaggio che tutti i sondaggi davano ben oltre il 10% sui diretti avversari del PDL e della Lega. Primo fra tutti, quello di non essere andati subito al voto dopo la caduta del governo Berlusconi: se il PD, grazie all’intermediazione del presidente Napolitano, non avesse approvato le misure impopolari volute dal governo dei tecnici su commissione dell’Eurogermania e avesse dato immediatamente la parola agli elettori, in quel momento avrebbe sicuramente stravinto. Molti di quelli che oggi sostengono questa tesi, parlarono allora di “scelta responsabile” del PD. Un altro commento tardivo, che pure sembra godere di molta fortuna in questo momento, è quello di non aver scelto Renzi come candidato da opporre al centro-destra. In tal caso, si dice che Berlusconi non sarebbe sceso in campo [ne siamo proprio sicuri?] e che la vittoria sarebbe stata a portata di mano del centro-sinistra. Può darsi, ma ho più di un dubbio in proposito e ho l’impressione che a quel punto una parte dell’elettorato di sinistra si sarebbe orientato su Rivoluzione Civile di Ingroia… Comunque sia, non ha molto senso parlarne ora. Un terzo commento, infine, che avevo anticipato ampiamente nei miei post, ma che soltanto ora ascolto dai soliti ineffabili rappresentanti del cosiddetto Quarto potere italiano, riguarda la campagna elettorale di basso profilo voluta dal PD, con un segretario-candidato che compariva in Tv e nei teatri bofonchiando con aria annoiata e proclamandosi certo della vittoria, per dire soltanto che la sua coalizione avrebbe smacchiato il giaguario, combattuto l’evasione fiscale abolendo la circolazione del denaro contante, riformato l’IMU col renderlo un’imposta progressiva, peggiorando persino le misure del governo Prodi, introdotto una patrimoniale sui beni immobili di valore superiore al milione di euro, l’equivalente del costo di una sola casa di media grandezza in una grande città… Dunque una nuova tassa sulle abitazioni degli italiani!

 La scelta del PD di non andare al voto e di appoggiare “responsabilmente” il governo Monti poteva in quel momento anche rivelarsi saggia sotto il profilo dell’interesse nazionale, se effettivamente fosse stata “responsabile”, se cioè il Partito Democratico non avesse calvalcato insieme al tecnocrate filotedesco la tigre della ripresa finanziaria del Paese, divorando nel contempo le già malridotte risorse dei cittadini e dei piccoli e medi imprenditori, aumentando la disoccupazione e favorendo la recessione. In diversi post di allora mettevo in evidenza che questa politica di mera sudditanza ai Poteri Forti da una parte, alla classe politica e ai ceti privilegiati dall’altra [Che ne è stato della riduzione dei costi della politica, dell’abolizione delle Province, di un’autentica riforma delle Corporazioni, dell’IMU da far pagare alla Chiesa e così via dicendo?], avrebbe finito col  pagarla per primo il PD. Eppure la coalizione di centro-sinistra continuava a sentirsi sicura della vittoria, anche in forza dei sondaggi che la davano in testa con un buon margine di vantaggio sui diretti avversari. Errori di prospettiva, incapacità di comprendere il malessere che montava tra i cittadini o mera volontà di gestire il quotidiano? Forse tutte e tre le cose.

 Per quanto paradossale possa sembrare, il voto che complessivamente esce dalle urne mostra una maturità politica degli italiani ben superiore a quella dei suoi rappresentanti politici. Il ceto medio-alto, nel quale si annovera la fitta schiera degli evasori fiscali [quelli veri] non poteva non riprendersi il “suo” Berlusconi, come pure una buona fetta della piccola borghesia e dei ceti popolari, stregati ancora una volta dalle tante promesse mai mantenute dal Cavaliere e dal suo indubbio carisma. Un’esigua parte interclassista della società, guidata da  vip timorati di Dio e  nostalgici delle antiche maggioranze cattoliche, sceglie il rassicurante e ideologicamente eclettico Monti, benedetto da Casini. Si può dar loro torto, considerando le ataviche preoccupazioni che una parte del PD suscita ancora nelle loro menti devote? Se, tuttavia, non se la sono sentita di correre tra le braccia del Cavaliere, giudicato un peccatore impenitente? Infine, un italiano su quattro [con oltre il 25% dei consensi  il M5S è alla Camera il primo partito italiano] sceglie il movimento di Beppe Grillo, come unica vera e nuova proposta rispetto a quelle degli altri partiti, alle quali non si crede più o che vere proposte non sono mai state. Non un semplice voto di protesta come ci si affretta a concludere, ma una sentenza sul presente e sul passato e una speranza per il futuro.



 In questo quadro, solo sinteticamente rappresentato, un’opportunità straordinaria esce dalle urne per la coalizione di centro-sinistra, se il suo intento non era solo quello, peraltro non riuscito, di smacchiare il giaguario. Concordi il PD, visto che finalmente ha l’occasione storica per farlo, alcune misure da poter condividere con il Movimento 5 Stelle: non il salario di cittadinanza che per ora costerebbe troppo, ma concrete misure per la ripresa dell’occupazione e per impedire la chiusura delle piccole imprese, non l’uscita dall’Europa ma il fermo proposito di battersi per un’Europa diversa, non l’elezione al Quirinale dei Monti, dei Prodi, degli Amato ma finalmente di una donna che non venga né dagli apparati di partito né dalla tecnocrazia [e non sia la Borletti Buitoni celebrata da Crozza], non una difesa di questa legge elettorale che gli assegna alla Camera una maggioranza bulgara, ma norme di autentico rispetto della democrazia rappresentativa, non parole generiche per i giovani che entrano nel mondo del lavoro, ma misure immediate ed efficaci, non la conservazione di privilegi corporativi, ma il tetto di stipendi pensioni e liquidazioni plurimilionarie dei dirigenti pubblici e privati e il dimezzamento, non dei parlamentari, ma dei loro stipendi, non la lotta all’evasione fiscale, ritirando il denaro contante in circolazione, ma con il controllo incrociato di fatture che il consumatore possa detrarre dalle tasse… Ce n’è per un programma di legislatura. Ma l’incredibile opportunità non riguarda solo il PD. Se il volto raccolto dal M5S non è, come penso, un mero voto di protesta, anche al movimento di Beppe Grillo si offre la possibilità straordinaria di incidere davvero sul tessuto vivo della società italiana, di renderla finalmente più equa e più onesta, facendo in modo che un sogno si tramuti in realtà.



sergio magaldi  

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