venerdì 1 marzo 2013

BERSANI OVVERO L'ACCHIAPPAGRILLI CON VECCHIA RETE DA PESCA...




 Primo, ma non vincitore delle elezioni, per sua stessa ammissione, Bersani lancia la proposta per la governabilità del Paese. Purtroppo, lo fa con la tracotanza che ricorda quella dei vecchi capi democristiani. Nella sostanza, il leader della coalizione di centro-sinistra dichiara di non voler fare né tavoli né accordi con le altre forze politiche presenti in Parlamento, non con il PDL, escludendo esplicitamente il cosiddetto governissimo, e neppure con il Movimento di Beppe Grillo, al quale lancia però un monito e un velato appello, invitandolo alla responsabilità e sollecitandolo con un programma essenziale dai titoli generici che, per indeterminazione e assenza di contenuti, può essere condiviso da chiunque. Dice in proposito e con tono seccato il presidente del consiglio in pectore:

 “Quindi per quello che ci toccherà, la nostra ispirazione non ci porterà a proporre alleanze e diplomazie con questo o con quello. Noi proporremo alcuni punti fondamentali di cambiamento e cioé un programma essenziale da rivolgere al Parlamento su riforma delle istituzioni, riforma della politica a partire dai costi e una nuova legge sui partiti, moralità pubblica e privata, difesa dei ceti più esposti alla crisi.”

 La strategia del PD è se non altro chiara e strumentale e sembra accomunare i dirigenti della vecchia nomenclatura di scuola PCI-DC: presentarsi in Senato, avendo già intascato la fiducia alla Camera, con un governo monocolore, magari ravvivato dei tanti ex-salvatori della patria o cosiddetti esperti, sempre utili in circostanze simili, e con un programma-indice che, strizzando l’occhio al Movimento 5 Stelle, sia condivisile, per la sua indeterminazione, anche ai volonterosi di altre parti politiche. Se un tale governo non dovesse ottenere la fiducia, la responsabilità ricadrebbe sugli altri e si andrebbe a nuove elezioni con la certezza [l’ennesima!] che questa volta l’elettorato, anche in virtù di un appello lanciato in prossimità della nuova tornata elettorale, punirebbe i partiti dell’ingovernabilità, dando finalmente alla coalizione di centro-sinistra, con o senza l’appoggio di Monti, l’auspicata maggioranza.

 Una strategia che tiene conto dell’impraticabilità di un governo PD-PD con la L [secondo la nota distinzione che Beppe Grillo fa tra centro-sinistra e centro-destra], anche solo per le cosiddete riforme istituzionali,  per un’intesa dalla quale sarebbe escluso Monti, rigettato da Berlusconi e che, a sua volta, ha fatto sapere di non essere disponibile ad un accordo con il cavaliere. Un governo che sarebbe comunque un ponte teso verso nuove elezioni, nelle quali il Movimento 5 Stelle potrebbe addirittura vedere accrescere le proprie forze.

 Eppure, c’è nel PD chi propone un vero e proprio patto di mezza o piena legislatura con il PDL. Per fare che? E senza neppure la mediazione di Monti? Si è già visto cosa ha portato in un anno e mezzo: lacrime, sangue, oltre dieci milioni di voti persi da entrambi i partiti e neppure una nuova legge elettorale!

 Una strategia schizofrenica quella proposta da Bersani e dalla dirigenza del Partito Democratico. In toni arroganti, ci si limita a far sapere ai grillini che, per il loro bene e per il bene dei loro figli, dovrebbero dare la fiducia al nuovo governo [magari in cambio della dolorosa concessione della presidenza della Camera, e con Massimo D’Alema che, in un eccesso di ecumenismo, teso più che altro a dimostrare l’intercambiabilità degli alleati, in stile vecchia DC, arriva addirittura ad offrire a M5S e PDL la presidenza dei due rami del Parlamento] per una politica che non si sa ancora bene in cosa consista, ancorché contenga le solite generiche e velleitarie dichiarazioni di principio della vecchia politica e persino una perla che tradisce un lapsus, con la moralità privata invocata in forza di legge, che rievoca gli antichi scenari del Savonarola.

 Si aspettava Bersani, una risposta diversa da quella che Beppe Grillo gli ha dato?

 Il leader del Movimento5 Stelle, ricorda innanzi tutto le espressioni utilizzate sin qui da Bersani nei confronti suoi e dei grillini:

Fascisti del web, venite qui a dirci zombie"
"Con Grillo finiamo come in Grecia"
"Lenin a Grillo gli fa un baffo"
"Sei un autocrate da strapazzo"
"Grillo porta gente fuori dalla democrazia"
"Grillo porta al disastro"
"Grillo vuol governare sulle macerie"
"Grillo prende in giro la gente"
"Nei 5 Stelle poca democrazia
"Grillo fa promesse come Berlusconi"
"Grillo dice cose sconosciute a tutte le democrazie"
"Grillo? Può portarci fuori da Europa"
Basta con l’uomo solo al comando, guardiamoci ad altezza occhi, la Rete non basta"
"Se vince Grillo il Paese sarà nei guai"
"Siamo di gran lunga il primo partito e questo vuol dire che siamo compresi. Perché a differenza di quello lì che urla, noi ci guardiamo in faccia, noi facciamo le primarie, stiamo tra la gente"
"Indecente, maschilista come Berlusconi"
"Da Grillo populismo che può diventare pericoloso"

 Poi, Grillo, rispedendo al mittente la “generosa” offerta di Bersani di rendersi disponibile ad accettare il voto di fiducia dei grillini, precisa:

 “M5S non darà alcun voto di fiducia al Pd (nè ad altri). Voterà in aula le leggi che rispecchiano il suo programma chiunque sia a proporle. Se Bersani vorrà proporre l'abolizione dei contributi pubblici ai partiti sin dalle ultime elezioni lo voteremo di slancio (il M5S ha rinunciato ai 100 milioni di euro che gli spettano), se metterà in calendario il reddito di cittadinanza lo voteremo con passione”.

 Occorre altro. Centro-sinistra e Movimento 5 Stelle hanno avuto quasi 19 milioni di voti sui circa 34 milioni di voti espressi e il M5S è alla Camera il primo partito italiano. In una democrazia autentica si aprirebbe tra queste forze un confronto alla luce del sole per formare un governo. Se questo non avviene è perché tra PD e M5S corre una distanza misurabile in anni luce o perché in Italia non c’è vera democrazia. Gli italiani non hanno votato male, né tutte le colpe si possono scaricare sul Porcellum. Con il sistema proporzionale e senza il famigerato premio di maggioranza che assegna circa 200 deputati [su un totale di 630] alla coalizione che abbia ottenuto almeno un voto in più dei suoi avversari, la situazione sarebbe anche peggiore, con la necessità di un’intesa tra partiti non solo al Senato ma anche alla Camera. Se il PD vuole davvero evitare il ritorno della grande coalizione che lo ha reso per oltre un anno speculare al PDL e non vuole che il Paese vada di nuovo alle urne, ha l’obbligo di ascoltare il Movimento 5 Stelle in luogo di lanciare l’Opa per il governo. Invece, nessuna diplomazia e nessuna trattativa, ha sottolineato Bersani con nervosismo e compiacimento, ma solo un prendere o lasciare che più che la fermezza dei forti denuncia l’arroganza dei deboli.

 Ciò premesso, anche per Beppe Grillo si pone un problema effettivo. A prescindere dagli insulti, peraltro sempre ricambiati, e dalle “proposte indecenti” di Bersani. I circa 170 parlamentari grillini eletti con quasi 9 milioni di voti potrebbero non trovarsi mai nella condizione di votare una legge che li appassiona, per il semplice motivo che senza la fiducia al governo nessuna legge sarà mai proposta in aula. A tale proposito, corre in rete la petizione di Viola [per sottoscriverla è sufficiente entrare nel sito www.change.org], una giovane elettrice del M5S, che ha già raccolto in un solo giorno più di centomila firme e che  chiede a Beppe Grillo e a tutti i parlamentari di M5S di “non perdere questa occasione storica”. Gli fanno eco altri guppi, come “Elettori di Movimento 5 Stelle indignati” e quello che fa riferimento a Jacopo Fo, figlio di Dario, con il lancio su Facebook di “10 riforme subito: vogliamo l’accordo tra Italia Bene Comune e Cinque Stelle”. Un programma neppure tanto rivoluzionario e che almeno per 8/10 potrebbe essere accettato dal PD, se si escludono, forse, il reddito di cittadinanza e l’accesso gratuito alla rete, per i problemi di natura economica e privatistica che in questo momento di crisi economica comporterebbero. Questi tutti i punti per votare la fiducia al governo:

1. Una nuova legge elettorale;
2. Una legge contro la precarietà e l’istituzione del reddito di cittadinanza;
3. La riforma del Parlamento, l’eliminazione dei loro privilegi [sic], l’ineleggibilità dei condannati;
4. La cancellazione dei rimborsi elettorali;
5. L’abolizione della legge Gasparri e una norma sul conflitto d’interessi;
6. Una legge anticorruzione che colpisca anche il voto di scambio; e l’istituzione di uno strumento di controllo sulla ricchezza dei rappresentanti del popolo (il “politometro”);
7. Il ripristino dei fondi tagliati alla Sanità e alla Scuola;
8. L’istituzione del referendum propositivo senza quorum;
9.  L’accesso gratuito alla Rete;
10. La non pignorabilità della prima casa.

 Siano queste od altre le proposte del M5S, appare comunque evidente, con il passare delle ore, la necessità di non “sprecare l’occasione” che, come dicevo già nel post di Martedì, si presenta non solo per il neonato, sotto il profilo istituzionale, Movimento 5 Stelle, ma soprattutto per PD-SEL  e la memoria storica di molti dei suoi militanti.

 Sarà difficile, perché dalla Germania, ambasciatore il presidente Napolitano [encomiabile per non aver voluto incontrare il leader socialdemocratico che ha offeso gli italiani], arrivano venti contrari. Ora si teme il “caso Italia”, più che per lo spread che riprende a salire, per “il movimento degli indignati” che, entrando al governo in Italia, potrebbe “infettare” il “ventre molle” di quell’Europa che tenta ancora di opporsi all’egemonia tedesca e al Potere Finanziario che se ne serve.

sergio magaldi

      

1 commento:

  1. Buongiorno Signor Sergio. Sono Marco Giannini. Il PD non vuole il reddito da cittadinanza perchè sotto sotto, a mio parere, è contrario a ogni forma di redistribuzione della ricchezza. Vuole tutelare l'apparato.(CGIL è contraria infatti).Tale reddito, nella modalità tedesca, (600 euro al mese per 1 anno e 375 a vita + eventuali aiuti su luce, riscaldamento e acqua calda) non solo NON favorisce la disoccupazione di lungo corso (troppo bassa la cifra) ma per un anno tutela le piccole sicurezze in banca delle famiglie e spinge a cercar subito lavoro visto il prossimo dimezzamento dal 13 mese. Abbinando il tutto ovvio a una vera flessibilità.Il costo è circa 4 miliardi ma facendo rientrare cassa integrazione e vari indennizzi in questo sistema e pensando a quanti processi di lavoro verrebbero a diminuire la cifra è anche più bassa.Questa è la vera Legge Biagi (reinterpretata da me legge il libro bianco del lavoro) e non l'aborto di Tremonti/Maroni. Cordialità e cari saluti!

    RispondiElimina