domenica 14 luglio 2013

C'è L'INFERNO NEL FUTURO DEL MONDO?

Dan Brown, INFERNO, Mondadori, Milano, 2013, pp.522


 Nel porre l’interrogativo, sono portato a rispondere, forse come altri farebbero, che l’inferno non è solo il futuro ma è già il presente dell’umanità. Basti pensare alle periferie dei grandi centri urbani e alle periferie del mondo dove fame, malattie, degrado, incesto, prostituzione infantile e violenze d’ogni genere dominano incontrastate. Ma l’inferno, cui si riferisce il nuovo, ottimo romanzo di Dan Brown, è ben peggiore di quello che purtroppo alcuni conoscono e che per fortuna altri immaginano soltanto. È l’ INFERNO di Dante, come afferma l’Ombra misteriosa che Robert Langdon – famoso protagonista dei romanzi dello scrittore nordamericano – è costretto ad inseguire, pur essendo braccato a sua volta:

 “L’Inferno di Dante non è finzione… è profezia!
 Sofferenza e tribolazione. Questo è il panorama del futuro.
 L’umanità, se non è tenuta a freno, agisce come una pestilenza, un cancro… Il numero degli abitanti cresce a ogni generazione finché le risorse terrene che un tempo alimentavano la nostra virtù e solidarietà si ridurranno gradualmente a zero, svelando il mostro che è in noi, spingendoci a lottare fino alla morte per nutrire i nostri piccoli.
 Questo è l’Inferno dantesco.
 Questo è ciò che ci attende.
 Mentre il futuro si avventa su di noi, alimentato dall’inesorabile matematica di Malthus, noi restiamo in bilico sopra il primo cerchio dell’Inferno… e ci prepariamo a precipitare più rapidamente di quanto abbiamo mai immaginato[…]
 Non fare nulla significa accettare un inferno dantesco… affollato di anime affamate e sguazzanti nel peccato.
 E così, coraggiosamente, ho deciso di agire.
 Qualcuno inorridirà, ma la salvezza ha un prezzo.
 Un giorno il mondo arriverà a comprendere la bellezza del mio sacrificio.
 Perché io sono la vostra Salvezza.
 Io sono l’Ombra.
 Io sono la via che conduce all’era postumana.”[Cit., pp.167-168].

 Il riferimento che l’Ombra – dietro la quale forse si nasconde uno scienziato geniale – fa a Malthus lascia pochi dubbi circa l’esistenza di un piano diabolico per “contenere” la crescita demografica. Probabilmente un virus letale per decimare la popolazione del pianeta che, raggiunto il miliardo agli inizi dell’Ottocento, ha ormai superato i 7 miliardi di abitanti. L’accresciuto benessere degli ultimi due secoli, il progresso scientifico e tecnologico che ha permesso di combattere efficacemente le epidemie del passato, le guerre da continentali divenute regionali [in virtù delle esigenze del mercato mondiale e della globalizzazione, ma anche per l’accresciuta consapevolezza] sembrano smentire le previsioni matematiche di Malthus: la popolazione tende a crescere in modo geometrico ma lo strumento che in passato regolava il rapporto abitanti-disponibilità di cibo e risorse, sottoforma di guerre di sterminio, epidemie, pestilenze e carestie, ora è venuto meno. Secondo la filosofia dell’Ombra, il pericolo è ormai quello dell’estinzione del genere umano, dopo un lungo periodo di indicibile sofferenza. Peccato tanto più grave perché, mai come in questo momento, l’uomo sembra avviato finalmente a varcare la soglia della superumanità. Perché il sogno di Nietzsche si avveri e ad evitare l’estinzione degli umani, occorre dunque intervenire: il sacrificio di alcuni consentirà agli altri, secondo il principio darwiniano della sopravvivenza dei più forti, di proseguire nel loro cammino evolutivo verso il superumano.

 Tutto ha inizio con il risveglio di Robert Langdon in un letto d’ospedale, dopo essere stato operato alla testa per una ferita da arma da fuoco. Il professore non ricorda più nulla di quanto gli è capitato, né del perché, dagli Stati Uniti, si trovi catapultato a Firenze, come gli comunica Sienna Brooks, la giovane dottoressa che lo assiste e che poco dopo lo aiuterà a fuggire dall’attentatrice, entrata in ospedale per portare a compimento il proprio lavoro. Non è solo Vayentha – intenzionata ad ucciderlo – a dargli la caccia. Due  potenti organizzazioni, una pubblica e l’altra privata, insieme al consolato americano e alla pubblica sicurezza locale, per un motivo o per l’altro, cercano di catturarlo. Robert e Sienna, divenuta sua complice, cercano scampo per tutta Firenze, a loro volta sulle tracce dell’Ombra misteriosa che ha inscenato una sorta di macabra caccia al tesoro. È il piccolo cilindro di metallo lucido, che Robert ritrova in una tasca nascosta della sua giacca, ad aprire i giochi. Contiene un sigillo decorato con un diavolo a tre teste e tre bocche che divorano altrettanti uomini, simbolo medievale della peste nera. Sotto il demone, 7 lettere a formare la parola SALIGIA, le iniziali in latino dei 7 peccati capitali: Superbia, Avaritia, Luxuria, Invidia, Gula, Ira, Acedia. Il sigillo, come un vecchio proiettore per diapositive,   emana una foto ad alta definizione su una parete: è La mappa dell’inferno del BOTTICELLI, chiaramente ispirata all’INFERNO di Dante Alighieri.





 Nella mappa è aggiunta l’immagine di un uomo avvolto in un mantello con una maschera dal lungo becco: la maschera del medico della peste.




 Fuga e ricerca di Robert e Sienna proseguono tra il Giardino di Boboli, Palazzo Pitti e il Salone dei 500 di Palazzo Vecchio, dove i due troveranno nuovi indizi nella pittura murale del Vasari che rappresenta La battaglia di Marciano.





  Di qui, alla scoperta che un messaggio, che potrebbe risultare decisivo, è contenuto nella maschera mortuaria di Dante. Ma la maschera è scomparsa dalla teca e, per ritrovarla, Robert e Sienna devono cercarne “la chiave” nel XXV Canto del Paradiso dantesco. Non hanno a disposizione il testo e nel tentativo di trovare una copia della Divina Commedia – mentre continuano ad essere braccati da tutti – s’infilano nella Chiesa di Dante, Santa Margherita dei Cerchi, dove il poeta vide per la prima volta Beatrice Portinari e se ne innamorò, tanto da dedicarle il Poema sacro insieme ai versi più belli tra quelli scritti per la donna amata:

Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia quand’ella altrui saluta,
ch’ogne lingua deven tremando muta,
e li occhi no l’ardiscon di guardare.
Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente d’umiltà vestuta;
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.
Mostrasi sì piacente a chi la mira,
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che ’ntender no la può chi no la prova:
e par che de la sua labbia si mova
un spirito soave pien d’amore,
che va dicendo a l’anima: Sospira.

 Santa Margherita dei Cerchi, dove da oltre sette secoli si trova la tomba di Beatrice, è meta continua di pellegrinaggi degli innamorati dal cuore spezzato.






 I due non trovano il testo della Divina Commedia, né all’interno della Chiesa né in possesso dei tanti visitatori ma, grazie ad internet e ad un iPhone di un’anziana turista, possono leggere i versi del Paradiso di cui hanno bisogno:

 Se mai continga che ‘l poema sacro
al quale ha posto mano e cielo e terra,
sì che m’ha fatto per molti anni macro,

vinca la crudeltà che fuor mi serra
del bello ovile ov’io dormi’ agnello,
nimico ai lupi che li danno guerra;

con altra voce omai, con altro vello
ritornerò poeta, e in sul fonte
del mio battesmo prenderò ‘l cappello; […]

 La ricerca prosegue dunque presso il Battistero di San Giovanni di Piazza del Duomo, lì dove Dante Alighieri – con Shakespeare forse il più grande poeta universale che sia mai esistito – era stato battezzato.




  Così, la maschera mortuaria di Dante viene infine ritrovata e con il suo ritrovamento il romanzo di Dan Brown entra nel cuore della narrazione.





 Le vicende si susseguono senza soluzione di continuità e l’attenzione del lettore è costantemente sollecitata da eventi inaspettati, descritti con logica serrata e senza mai cadere in contraddizione, come spesso accade in romanzi del genere. La realtà di volta in volta acquisita viene ribaltata, gli amici diventano nemici e viceversa, lo stile utilizza informazioni colte ma le traduce in una semplicità di linguaggio accessibile a tutti. In Inferno, Dan Brown rivela intuito e grande mestiere, scrivendo il suo libro più bello, forse persino più bello del celebre Codice da Vinci.


sergio magaldi  

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