giovedì 25 luglio 2013

DENUNCIA SOCIALE E SENSIBILITA' AL FEMMINILE nell'ultimo romanzo di Clara Sanchez

Clara Sanchez, Entra nella mia vita, Garzanti, Milano, 2013, pp.446


 Entra en mi vida di Clara Sánchez – pubblicato in Italia da Garzanti, finalmente col suo titolo originale, a differenza dei due libri precedenti della scrittrice spagnola, tradotti in italiano con i titoli impropri di Il profumo delle foglie di limone e La voce invisibile del vento [vedi il post Il sogno come terapia e verità…] – si potrebbe definire un romanzo al femminile, non solo per l’argomento trattato, ma anche perché sono soprattutto le figure femminili ad acquisire vita e spessore nella narrazione. Da Verónica, protagonista ed eroina, a Betty, la vittima che non esita a lottare ma che rimane sopraffatta dalla propria ingenuità, a Lilí, espressione di forza e intraprendenza ma anche di egoismo cinico, e così via, in una vasta gamma di personaggi che, nella loro diversità, completano efficacemente l’affresco dell’universo femminino e che rappresentano una scala di valori che dalla virtù ed dalla compassione scende sino al gradino più infimo del comportamento umano.

 Al contrario, le figure maschili, peraltro superficialmente tratteggiate, sembrano senza speranza e con loro la Sánchez non intende perdere troppo tempo. Ad accomunarle tutte è la debolezza, forse con l’eccezione di Daniel che, in pochi istanti di responsabilità e di coraggio, pretende di riscattare l’atteggiamento di decenni. Debole è Mateo, l’amore occasionale in cui s’imbatte Verónica, debole Ángel, il fratello della ragazza, delicato e bisognoso di protezione, debole Petre, il bosniaco guardaspalle di casa Valero che, nonostante l’ostentata forza fisica, va al tappeto al primo colpo bene assestato. E quando non sono deboli, gli uomini sono corrotti o si ubriacano e diventano molesti e/o violenti che “meritano” di essere presi a calci nelle palle o ammazzati, oppure sono “marchette letterarie” come nel caso dei fidanzati di Laura o addirittura fantasmi come l’investigatore Martunis.

 Insomma le donne di Clara Sánchez possono amare o provare compassione, essere indifferenti oppure odiare. Astute o ingenue, crudeli o virtuose, forti o deboli, rappresentano comunque l’essenza della vita reale e dell’uomo usano solo come specchio per guardare se stesse e per quel tanto che serve al piacere e alla generazione, come ogni ape-regina che si rispetti. Perché la vita reale è fatta di partorienti, di madri che allevano figli, di mogli che si prendono cura della casa e della famiglia, di donne che vegliano sui vecchi e sugli infermi e persino di donne in carriera più abili e intraprendenti degli uomini stessi.

 In tale prospettiva, gli uomini raccontati dalla scrittrice si mostrano confusi, superficiali, abitudinari e incapaci di accettare la sfida della cosiddetta vita reale: le sole risposte sembrano essere, per il maschio di ogni età, quelle della debolezza, della mancanza di fantasia, dello stordimento nell’alcool e nelle droghe, del maschilismo, della violenza e del potere. Naturalmente, la Sanchez si guarda bene dall’attribuire apertamente valori tanto rigidi all’universo maschile, ma le storie che racconta parlano per lei. Al massimo, credo, sarebbe disposta ad ammettere che donne e uomini hanno “vite e istinti diversi”, “sensibilità differenti”.

 C’è in ogni caso nella scrittrice che vive a Madrid, la tendenza alla denuncia sociale, mascherata dalle forti emozioni che riesce sapientemente a trarre dai fatti della storia e della cronaca, trasferendoli nel “privato”. Così è stato per Il profumo delle foglie di limone, contrariamente a ciò che ha sempre dichiarato, perché è dalla denuncia dei criminali nazisti, lasciati incredibilmente fuggire in altri continenti, che il romanzo  trae forza e universalità, ancorché la storia narrata tocchi profondamente la sfera del privato e dei sentimenti individuali.







 La denuncia della fragilità del maschio umano, la sua sostanziale incapacità di sognare per eccesso di realismo fine a se stesso – quando non si colori anche del rovescio della medaglia del maschilismo e della violenza – s’intravede già nel romanzo La voce invisibile del vento. Qui l’autrice mette nella testa di Julia, la protagonista, pensieri del tipo “talora riteneva che suo marito Felix non avesse sangue nelle vene”. Insomma, per la Sánchez, la sensibilità, quella vera e non il sentimentalismo, sembra potersi coniugare solo al femminile. E non c’è dubbio che i fatti di cronaca e la Storia sembrano darle ragione. Basti pensare agli uomini che uccidono le donne, le stuprano o le costringono a prostituirsi, basti pensare alle atrocità delle guerre e del terrorismo, giochi sempre al maschile, anche se poi anche le donne finiscono col parteciparvi…






  Entra nella mia vita, non fa eccezione. L’idea del romanzo, come riferisce l’autrice, nasce da un fatto di cronaca, dall’esigenza di una denuncia sociale. È vero che la storia narrata si sostanzi di altro, e che questo altro sia soprattutto l’inadeguatezza degli uomini rispetto alle donne, di cui si diceva sopra, ma è altrettanto vero che l’idea che resta nel lettore, una volta dimenticati i “sentimenti profondi” che agitano i personaggi, è proprio quella che ha ispirato il romanzo, la denuncia sociale che la scrittrice continua a negare:         

 Entra nella mia vita non è però un romanzo di denuncia, così come non lo era Il profumo delle foglie di limone. È una storia che smuove sentimenti profondi, gli stessi sentimenti che questi fatti di cronaca hanno suscitato dentro di me” [Nota dell’autrice].







  Personalmente, non credo che la Sánchez sia veramente convinta di ciò che afferma, non a caso qualche riga dopo, nella stessa nota, osserva:

 “Potrei dire che la storia di questo romanzo è inventata ma che la sua realtà è storica”.   

 Direi piuttosto che la sua maniera di fare denuncia sociale abbia bisogno di una storia parallela cui aggrapparsi, fatta di sentimenti ed emozioni individuali: un’esigenza di scrittrice, un modo per coinvolgere maggiormente il pubblico femminile al quale in prevalenza si rivolge. Certamente e comunque una formula di successo.

sergio magaldi  



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