domenica 7 luglio 2013

IL SOGNO ALCHEMICO




Marcello Simoni, La Biblioteca perduta dell'alchimista, Newton Compton editori, Roma, Ottobre 2012, pp.329




 Dopo il romanzo con cui  ha vinto il premio Bancarella [vedi il post E' POSSIBILE PARLARE CON GLI ANGELI? LA RISPOSTA NEL ROMANZO "Il mercante di libri maledetti"...], Marcello Simoni esce con questo LA BIBLIOTECA PERDUTA DELL’ALCHIMISTA, pubblicato per Newton Compton Editori. Una storia senza pretese ma che si legge piacevolmente, tra personaggi reali e di fantasia, e che ha come punto di riferimento il sogno alchemico della trasformazione dei metalli vili in oro. Perché la ricerca, in alchimia, conobbe sempre due dimensioni: quella condotta tra fornelli ed esperimenti e quella analogica tesa ad ottenere la trasformazione della coscienza e l’acquisizione dell’oro flosofico o spirituale [si veda il post  ALCHIMIA, UN SAGGIO DI GIOELE MAGALDI 












 Nella primavera dell’anno 1227, per ordine di Ferdinando III di Castiglia e Léon [regnante tra il 1217 e il 1252] – detto “Il re delle tre religioni” per l’equanime tolleranza nei confronti di cristiani, ebrei e musulmani – il mercante di reliquie Ignazio da Toledo, suo figlio Uberto, il cavaliere francese Willalme, coraggioso ma facile all’ira, e il nobile Filippo di Lusignano partono per la Francia meridionale con il compito di ritrovare la scomparsa e forse rapita Bianca di Castiglia [1188-1252], zia di Ferdinando III e reggente del regno di Francia  per il figlio Luigi IX il Santo, dopo la morte del marito Luigi VIII.


Ferdinando III di Castiglia e Léon









Le nozze tra Bianca di Castiglia e il re di Francia Luigi VIII


  Dopo varie e complesse vicende, Uberto si separererà dal padre per ritrovare la Turba Philosophorum, trattato alchemico di fondamentale importanza per comprendere il piano del Conte di Nigredo [nome chiaramente ispirato alla prima fase dell’Opera], signore del castello di Airagne e dedito alla fabbricazione dell’oro alchemico su larga scala. Un oro che sembra a tutti identico a quello esistente in natura ma che, per essere prodotto, richiede abbondanza di manodopera. Chi viene costretto a lavorare ad Airagne, prima o poi si ammala di saturnismo, una malattia che in breve conduce alla demenza e alla morte, con la necessità di far ricorso ad una quantità sempre crescente di lavoratori forzati.







......ARISTEO disse: La pietra è una Madre che concepisce il proprio Figlio e lo uccide e se lo mette nel ventre. Esso allora diviene più perfetto di quel che prima non fosse e d'essa si nutre. Poi egli uccide sua Madre, se la mette nel ventre e la fa putrefare; e il Figlio diviene il persecutore di sua Madre, ed entrambi per un certo tempo hanno comuni tribolazioni. Questo è uno dei massimi miracoli di cui si sia mai sentito parlare, ed è vero, perché la Madre genera il Figlio e il Figlio genera la propria Madre e l'uccide

SOCRATE disse: Sappiate che i Filosofi hanno chiamato Acqua-di-Vita l'Acqua nostra, ed hanno detto bene: giacché dapprima essa uccide il Corpo, poi lo fa vivere e lo rende giovane.....

LA TURBA disse: Maestro, tutto ciò che diciamo non è altro che far del fisso il volatile e del volatile il fisso; poi, far di tutto qualcosa che non è né secco né umido, né freddo né caldo, né duro né molle, né fisso né troppo volatile - qualcosa di intermedio fra i due: giacché esso ha in sé due Nature insieme congiunte. E sappiate che ciò si fa in sette buoni giorni, non in un momento. Poiché ogni alterazione avviene a mezzo di continua azione e passione. Di ciò, prendete nota.
[Citazioni da magiaonline.net/alchimia/turba.htm ]





   Ignazio da Toledo diviso tra anelito di giustizia e desiderio di conoscenza dei segreti della fabbricazione dell’oro, dovrà anche guardarsi da nemici segreti che vogliono tenerlo lontano da Airagne, ubicato non lontano dal famoso castello di Montségur, roccaforte dei Catari.

 “L’ombra sotterranea tremava al crepitio delle fiaccole. Dopo aver sfogliato a lungo, forse più del necessario, Ignazio soffermò lo sguardo su una pagina del Turba philosophorum e si trovò di fronte alla verità. Yutte le domande che si era posto nel corso della sua vita sulla natura delle cose e sulla trasmutazione della materia sembravano trovare risposta in quelle righe d’inchiostro. Avrebbe appreso segreti che solo a pochi eletti era concesso conoscere. Ma tutto ciò non gli recò alcun sollievo, anzi, accentuò in lui un senso di vuoto, come se nel suo animo si fosse aperto un baratro. Gli fu necessario uno sforzo di concentrazione per dominarsi, dopodiché fissò suo figlio, che dopo interminabili peripizie gli stava di nuovo accanto. Quel pensiero gli diede forza”. [Op.cit.,p.265]

 In conlusione, nel nuovo libro di Simoni, si nota una certa superficialità nell’accennare alle fasi del processo alchemico [nigredo-albedo-citrinitas-rubedo-cauda pavonis], d’altra parte si tratta di un romanzo e non di un saggio sull’alchimia. Risulta invece assai stimolante immaginare le operazioni che conducono alla fabbricazione dell’oro alchemico in una dimensione industriale, con tanto di impianti sofisticati che poco hanno a che vedere con le Officine artigianali in cui lavoravano individualmente gli alchimisti del Medioevo e del Rinascimento.

sergio magaldi     

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