domenica 15 dicembre 2013

BLUE JASMINE

Woody Allen, Blue Jasmine, USA, 2013, 98 minuti


 Con il suo ultimo film, Woody Allen mostra ancora una volta l’essenza del Cinema, intesa come arte dotata di autonomia, indipendentemente dai generi artistici utilizzati [romanzo, teatro, fotografia, arti figurative, musica ecc…]. Com’è noto, un bel romanzo può divenire un pessimo film e viceversa, e una spendida colonna sonora e/o la sapienza fotografica non salvano dalla percezione di un brutto film. E una stessa storia può essere raccontata sullo schermo con un linguaggio originale e con significati diversi, senza che si debba parlare di plagio, come talora avviene in letteratura. Non a caso, Woody Allen ha fatto del remake di Un posto al sole [1951], il suo miglior film degli ultimi dieci anni  e forse più: Match Point del 2005. Gli ingredienti sono il ritmo, la scelta degli attori, l’attualità della sceneggiatura e dei dialoghi, l’eventuale mutamento di prospettiva, l’abilità di soffermarsi su particolari che la storia originale ha ignorato e la capacità di offrire nuove chiavi di lettura.



  In Un posto al sole [Sei Oscar e tre Nomination], il protagonista maschile [Montgomery Clift] medita di uccidere la donna povera che ha messo incinta [Shelley Winters] e poi la lascia morire affogata, allorché s’innamora follemente di Angela, una donna bella e ricca [Elizabeth Taylor] che ricambia il suo amore e che accettando di sposarlo gli renderà possibile la scalata sociale. Nonostante i tardivi rimorsi, il destino del giovane è segnato dal corso della giustizia. Tutto si svolge secondo un’etica tradizionale che non ammette deroghe e del resto il film è la riduzione cinematografica del romanzo di Theodore Dreiser: Una tragedia americana del 1925.






  In Match Point, l’arrampicatore sociale Chris [Jonathan Rhys Meyers] prima sposa Chloe [Emily Mortimer], la donna giovane e ricca che s’innamora di lui, poi uccide deliberatamente la bellissima Nora Rice [Scarlett Johansson] di cui si è invaghito e dalla quale aspetta un figlio. Se in Un posto al sole, il crimine è in gran parte motivato dall’amore e da oscuri sentimenti inconsci, in Match Point la prospettiva viene rovesciata con genialità e cinismo: l’amore poco conta quando si tratta di mettere in ballo l’appartenenza alla classe che conta. Chris uccide lucidamente, naturalmente anche lui non senza rimorsi, per non perdere i frutti della scalata sociale e perché – e qui s’intravede il tocco beffardo del grande Woody Allen – la famiglia in cui è entrato a far parte non è soltanto ricca, è anche espressione di un’armonia che l’ambiente familiare in cui è cresciuto non gli ha mai regalato. C’è di più, infrangendo una regola aurea del cinema e della letteratura che vuole punito il colpevole, il delitto di Chris resterà impunito perché il Fato ha così deciso, anche se le Erinni continueranno a dargli la caccia forse per il resto della vita: lucida e spietata lettura dei comportamenti sociali e del ruolo che la Fortuna assume nelle vicende umane. Tema ricorrente, quest’ultimo, nel cinema del Woody Allen più maturo. [Si veda in proposito il post  Basta che funzioni del 27 Ottobre 2009. Per altri film di Woody Allen in questo blog, si vedano i post L’omaggio di Woody Allen all’Italia che fu del 26 Aprile 2012 e Midnight in Paris del 6 Dicembre 2011].



  Blue Jasmine [Gelsomino blu], il film in questi giorni sugli schermi italiani, scritto e diretto da Woody Allen, è il remake di un altro famoso film del 1951 che ottenne quattro Oscar e quattro Nomination: Un tram che si chiama desiderio, a sua volta riduzione cinematografica del dramma di Tennessee Williams. La Blanche [Vivien Leigh] del film di Elia Kazan diventa Jeanette [Cate Blanchett] che i genitori adottivi ribattezzano con il nome di Jasmine, il fiore azzurro, bello e delicato che sboccia di notte, il Solanum Jasminoides Blue che nel linguaggio segreto dei fiori rappresenta il desiderio [Si veda il post recente: Linguaggio artistico, scientifico e simbolico del disegno botanico]. 





 Stella, la sorella di Blanche, diventa Ginger [Sally Hawkins], adottata anche lei dagli stessi genitori. La profonda differenza tra le sorelle adottive è giustificata dal sangue diverso che circola nelle loro vene. Per quanto Jasmine è aristocratica, Ginger è, per così dire, plebea. Dove l’una sembra potersi realizzare solo nel desiderio di essere amata e nel circondarsi di cose belle e preziose [Jasmine], l’altra si adatta alla vita e alla volgarità con consapevole rassegnazione, senza mai perdere di vista i buoni sentimenti e l’altruismo della propria natura.

 Il desiderio di Jasmine non ha nulla a che vedere con quello della Blanche di Kazan. L’erotismo, le sue tante sfumature e perversioni non la riguardano, così come non riguardano suo marito, il ricco Harold [Alec Baldwin], se non per le tante avventure consumate con altre donne, all’insaputa della moglie. Ma il paradosso e insieme l’abilità narrativa di Woody Allen, il suo saper essere beffardo, è nel rendere plausibile e contemporaneo lo scatenamento del dramma, pur saldandolo con gli istinti primordiali della natura umana: saranno le frodi finanziarie a perdere Harold, ma l’amore tradito - quando Harold confesserà a Jasmine di essersi innamorato di una donna più giovane - avrà un ruolo determinante nella vicenda, proprio come, mutatis mutandis, nel film di Elia Kazan.

 Il desiderio di Jasmine si tinge di blu, si accompagna cioè alla triste condizione di chi vive nelle profondità dell’egoismo e nella strenue difesa di ciò che crede appartenerle di diritto: l’amore e il patrimonio di Harold, anche se frutto di inganno e rapina nei confronti degli altri. Perché, anche se lo nega più volte, con la sorella e con le amiche, Jasmine ha sempre saputo il modo di fare i soldi di suo marito. E la cecità è tale che non le lascia neppure il tempo e la capacità di vedere che la vendetta la condurrà proprio alla distruzione di quell’io che intende proteggere. Con il lento ma inesorabile scivolamento nella follia…








 

 Conosciamo il significato che il blu ha per Woody Allen. Ce lo ricorda Enrico Andreoli nella sua intrigante recensione del film [affariitaliani.it]. Blue è per gli americani parola mitica. Il Blues è il racconto celebrativo del dolore. Blue Moon [Luna blu], le cui note risuonano spesso nel film, è il canto del lato notturno, triste e lunare della femminilità, quello che nella tragedia greca travolge tutto, quando si scatena… Osserva Andreoli, in una prosa forse rude e spregiudicata ma efficace:

“[…] Mai errore di più vasta portata che questo! Mai confessare ad una donna ageè che non è più oggetto di desiderio sessuale; mai dirle che ti scopi una più giovane. La trasformi in una belva omicida, come ben ci narra Allen”.

 Con il suo modo ineguagliabile di fare cinema, con tutta la perfezione stilistica di cui è capace, miscelando sapientemente gli ingredienti, e persino con la grande interpretazione di Cate Blanchett, il film di Woody Allen non mi entusiama, a tratti mi ha persino annoiato. Gli manca non solo l’imprevedibilità e la freschezza di Match Point ma anche la capacità di stupire lo spettatore, come osserva acutamente – voce forse isolata – Elena Pedoto su evereye.it :


 “Un film che non riesce a coinvolgere e/o stupire a sufficienza. Un risultato che lascia l’amaro in bocca e un generale senso di incompiutezza e che appare addirittura assai deludente se si tiene conto del cast e delle capacità (psic)analitiche che ha dimostrato di possedere il geniale Allen in quasi cinquant'anni di carriera”.

 La critica italiana e internazionale è quasi unanime nel riconoscere grandi meriti a Blue Jasmine. Il Guardian osserva che Woody Allen torna finalmente ai film di una volta, dopo la contraddittoria esperienza europea, il New Yorker parla di sorprendente omaggio a Un tram che si chiama desiderio. E le parole che Maurizio Porro scrive su Il Corriere della Sera mi lasciano perplesso:

 “[…]Woody raggiunge una straordinaria armonia nel raccontare la verosimile storia di una vita a due punte, tra presente e passato, un ping pong di esattezza e tempismo tra l’alta società di Manhattan e i poveri sempre più poveri, un confronto di due volgarità, una sofisticata e una naturale”.

 Perché la contrapposizione sociale, acuita dalla presente congiuntura, che Porro giustamente sottolinea, come osserva anche Alberto Crespi su L’Unità ["… Fin troppo facile. Anche se giusto, leggere Blue Jasmine come il “il film di Woody Allen sulla crisi economica"],nella filosofia del grande regista americano non è determinata dalla condizione storica del presente o del passato, ma dalla lettura esistenziale della realtà sociale. E finisce col risolversi nella celebrazione mistica e consolatoria del destino e delle sue leggi inoppugnabili: la rassegnazione della classe povera può generare buoni sentimenti e relativa felicità; il desiderio di potere e di ricchezza della classe alta viaggia sempre ai confini della frode e della rovina e può degenerare in follia e infelicità.


sergio magaldi

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