martedì 11 febbraio 2014

SEGRETI DI PULCINELLA



 Le rivelazioni contenute nel libro di Alan Friedman un tempo sarebbero state catalogate come “Segreti di Pulcinella” e invece i quotidiani di questa mattina si scatenano in ampie disamine circa  il loro contenuto, e un ponte ideale viene gettato tra destra e sinistra dura e pura, unite nel prospettare l'opportunità delle dimissioni del Presidente della Repubblica, colpevole di aver contattato Mario Monti per un eventuale incarico di governo sin dal Giugno 2011. 

 Né mancano le lezioni di “liberalismo” nei confronti di Giorgio Napolitano, di cui non a caso si ricorda il passato di militante comunista e dunque sostanzialmente illiberale, in un Paese libero e giocondo, democratico e felice, quale fu per cinquant’anni  l’Italia democristiana. 

 Ciò che sembra dimenticato è che solo dieci mesi fa le principali forze politiche, con l’eccezione di M5S e poco altro, invocarono la rielezione al Quirinale di Napolitano, benché fossero tutte già consapevoli di quanto oggi rivela il giornalista anglosassone. Il quale, dal canto suo, intervenendo a Piazza Pulita, alle anticipazioni del suo libro in uscita, ha aggiunto una chiosa sul giornalismo italiano, incapace a suo giudizio di “dare notizie libere e non di parte”, come invece accade a lui, giornalista vero, cui non compete minimamente preoccuparsi dell’uso strumentale che può essere fatto della verità.

 E se da destra ora ci si mostra  scandalizzati, naturalmente per il “complotto” ordito in quei mesi nei confronti dell’attuale leader di Forza Italia, dalla sinistra dura e pura e sedicente liberale si pone l’accento ancora una volta sulla “colpa grave” di Napolitano, non certo per aver “complottato” contro Berlusconi, ma per non aver consentito al popolo italiano di andare al voto, invece di “brigare” per installare a Palazzo Chigi un tecnocrate voluto dai poteri forti. 

 Insomma, il vero torto del Presidente sarebbe di non aver mandato gli italiani alle urne con una legge elettorale incostituzionale, definita “Porcellum” e nell’identica prospettiva di riproporre la  governabilità solo attraverso le larghe intese, per di più in un momento in cui la speculazione finanziaria aveva preso di mira l’Italia [si continua a ripetere per far cadere Berlusconi] e la Spagna che, guarda caso, pur non avendo il suo Berlusconi, fu oggetto di un attacco finanziario che fece volare lo spread ancora più in alto di quello italiano.

 Scrive giustamente L’Unità di questa mattina “Giù le mani da Napolitano”, nell’inconscia autocritica di dover difendere da accuse ingiustificate un uomo di quasi novant’anni che, magari sbagliando, ha cercato in buona fede di agire a vantaggio dell’Italia e nell’intento di coprire un sistema politico corrotto e vergognoso, incapace persino di darsi una legge elettorale in grado di garantire la governabilità. 

 Viene da chiedersi a questo punto se il vero scoop del libro di Friedman non consista tanto nella testimonianza, sui fatti in questione, resa da Mario Monti e da altri, quanto piuttosto nel fatto che personaggi così prestigiosi si siano prestati a renderla solo a due anni di distanza da quegli accadimenti. E se tutto questo abbia qualcosa a che vedere con l’improvvisa e frettolosa convocazione di Matteo Renzi ieri notte al Quirinale, prima ancora che al Colle salisse Letta, come in precedenza era stato annunciato. Mi auguro soltanto che ciò non prefiguri la cosiddetta staffetta alla guida del governo, esiziale a mio giudizio, prima di ogni altra considerazione, proprio per la sorte politica di chi ha promesso di voler rifare l’Italia. Ciò che già scrivevo nel post di ieri: Renzi, il canto delle sirene e Beppe Grillo.


sergio magaldi     

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