martedì 23 settembre 2014

MATTEO RENZI E LO SBILANCIAMENTO





Nel post del 9 Agosto u.s., Matteo Renzi e l’equilibrio della bilancia [clicca sul titolo per leggere tutto], scrivevo tra l’altro:

 “Senza una nuova legge elettorale, il governo continuerebbe ad essere sottoposto ai ricatti dei piccoli partiti e/o delle larghe intese, cioè andrebbe avanti all’insegna del compromesso sterile, utile solo a mantenere il Paese nello statu quo. Senza il superamento del bicameralismo perfetto, che passa di necessità con l’abolizione del Senato o con la sua trasformazione in Senato non elettivo delle autonomie [Trasformazione auspicata dal PCI subito dopo la guerra], l'approvazione di ogni legge diventa una scommessa. Prima dei provvedimenti veri e propri per rilanciare l’economia, c’è dunque bisogno di mettere le mani, dopo trent’anni di inutili chiacchiere, sulle riforme in questione. 

 Per questo scopo, Renzi ha fatto di necessità virtù cercando il difficile equilibrio, a destra, tra gli alleati del Nuovo Centrodestra e Forza Italia, a sinistra, con le forze del lavoro e il suo stesso partito. Ecco perché i veri provvedimenti per rilanciare l’economia permangono in una situazione di stallo: se caricasse sul piatto della bilancia i pesi voluti dal centrodestra [misure sul lavoro, abolizione dell’articolo 18, abolizione dell’Irap, tassazione più leggera per le classi medio-alte, sburocratizzazione ecc…], il piatto della sinistra schizzerebbe in alto e i primi a piantarlo sulla strada delle riforme della politica sarebbero i suoi… se viceversa caricasse sulla bilancia i pesi voluti dal centrosinistra [misure ancora più restrittive sulla circolazione del denaro cartaceo e sulla corruzione, introduzione del reato di falso in bilancio, riforma del fisco in senso ancora più progressivo, tetto di stipendi e pensioni ecc…], salterebbe in alto il piatto del centrodestra con buona pace di riforme costituzionali, legge elettorale e della stessa attuale alleanza di governo.”

 Cosa accade ora, a circa un mese e mezzo di distanza, da “costringere” Renzi a presentare un emendamento all’art. 4 del disegno di legge-delega n.1428/2014 [Jobs Act], con il quale si abolisce di fatto, per i nuovi assunti, la tutela prevista dall’art.18 dello Statuto dei Lavoratori, semplificando da circa quaranta a tre la tipologia dei contratti di lavoro e introducendo il cosiddetto “contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti”? Cosa, in altri termini, spinge Renzi a modificare un equilibrio sin qui faticosamente raggiunto, al punto d’infrangere il tabù per eccellenza della sinistra? La risposta non può essere che una: l’Europa!

 Quello che ho definito “l’equilibrio della bilancia” consentiva a Renzi di mantenere all’interno del Paese una situazione relativamente tranquilla, anche se di stallo, appena disturbato dalle solite critiche di “non mantenere le promesse”, per lo più proprio da parte di coloro che si sono fatti paladini del bicameralismo perfetto, cioè di una sostanziale paralisi dell’attività legislativa e perciò del mantenimento dello statu quo, da sempre caro a lobby e corporazioni. Un equilibrio interno, ma un sostanziale squilibrio agli occhi di Eurogermania, in una fase in cui la situazione economica dell’Italia va peggiorando, insieme alla decrescita produttiva, e proprio nel momento in cui Renzi ha inteso proporre ai tecnocrati europei, in cambio di riforme strutturali, lo sforamento del famoso 3% del rapporto PIL- debito pubblico.

 Ora la domanda è: il famoso articolo 18 ha davvero la funzione di tutelare il lavoro o è soltanto una bandiera, forse l’ultima, da sventolare? Difficile rispondere e districarsi fra le tante analisi di parte. Resta il fatto di dover considerare che in una realtà in cui il lavoro scarseggia, la domanda sembra non avere più tanta importanza. Di converso, l’abolizione [forse temporanea e che riguarderà soltanto i nuovi occupati] di un articolo che prevede forme di “reintegro”, sconosciute nel resto d’Europa, è davvero la chiave che può aprire la porta dell’occupazione, favorendo gli investimenti interni e soprattutto – come sostiene il presidente di Confindustria – dirottando finalmente investimenti stranieri in Italia?

 Solo la pratica esperienza ci dirà che cosa è vero. Resta il fatto che lo “sbilanciamento” di Renzi sembra aver aperto una faida all’interno del PD. Personalmente, non credo che lo scenario politico cambierà, con  la caduta del governo e/o con nuovi governi di larghe intese o addirittura con il ricorso alle elezioni, come si vocifera spesso a sproposito tra gli addetti ai lavori dei media e della carta stampata. Resto comunque dell’idea, come già dicevo nel post sopra citato, che, sia pure tra maggiori difficoltà e sterili contese, la situazione politico-economica del Paese permarrà sostanzialmente invariata, almeno sino alla definitiva approvazione delle  riforme costituzionali e della nuova legge elettorale.

sergio magaldi



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