mercoledì 24 dicembre 2014

STORIE PAZZESCHE e vizi capitali

Damian Szifron, Storie Pazzesche [Relatos Salvajes], Argentina, Spagna, 2014, 122 minuti



  Sei episodi in STORIE PAZZESCHE [Relatos Salvajes] – il film del regista argentino Damian Szifron, prodotto da Pedro Almodovar [del grande regista spagnolo si vedano in questo blog, cliccando su ciascun titolo per leggere: VOLVER  -  LA PELLE CHE ABITO  - PEDRO ALMODOVAR,GLI ABBRACCI SPEZZATI] – per rappresentare l’ IRA,  il terzo per importanza tra i cosiddetti Sette Vizi Capitali, secondo una gerarchia a suo tempo stabilita dalla Chiesa, in relazione al maggiore o minore allontanamento da Dio da parte del peccatore.

 Com’è noto, in questa graduatoria, c’è al primo posto la SUPERBIA, seguita da INVIDIA-IRA-ACCIDIA-AVARIZIA-GOLA e LUSSURIA [SIIAAGL]. In origine, sembra che di questa speciale classifica facessero parte anche la DEPRESSIONE, intesa come supremo disprezzo della creazione divina e la VANITA’, confluite poi rispettivamente nell’ACCIDIA e nella SUPERBIA.

 In la palude va c'ha nome Stige
 questo tristo ruscel, quand'è disceso
 al piè de le maligne piagge grige.
 
 E io, che di mirare stava inteso,
 vidi genti fangose in quel pantano,
 ignude tutte, con sembiante offeso.

 Queste si percotean non pur con mano,
 ma con la testa e col petto e coi piedi,
 troncandosi co' denti a brano a brano.
 
 Lo buon maestro disse: «Figlio, or vedi
 l'anime di color cui vinse l'ira; […]

[Dante Alighieri, Inferno, canto VII, vv. 106-116]




Gli iracondi di Dante, nell'illustrazione di Gustavo Doré



  L’IRA è in realtà raffigurata nel film attraverso il suo corollario più importante: la vendetta, né mancano i minori corollari della corruzione e della gelosia, sino allo sconfinamento nei territori della SUPERBIA e della LUSSURIA. E, tanto per restare al riferimento religioso, nel primo dei sei episodi, forse il più originale, Pasternak, con Dario Grandinetti [Salgado] e Maria Marull [Isabel], c’è anche la violazione del IV comandamento biblico.

 Naturalmente, il richiamo ai vizi capitali nulla ha a che vedere con la fede e si spiega piuttosto con una concezione laica che pone l’accento sulle difficoltà della convivenza umana in una società caratterizzata da un rapporto kafkiano tra potere e cittadini, divenuti sempre di più sudditi inermi, nevrotici e oppressi. La stessa profanazione dell’imperativo divino di “onorare il padre e la madre” si iscrive, con buona dose di sarcasmo che induce lo spettatore al riso, nell’ambito di rapporti parentali che necessitano del lettino dello psicoanalista.

  Il secondo episodio, Las ratas [“I topi”], pone una interessante distinzione tra il desiderio di vendetta di una cameriera [Julieta Zylberberg], frenato da comprensibili motivazioni umane e razionali, e l’esercizio della violenza inteso come il riscatto sociale di una donna emarginata [con Rita Cortese nella parte della cuoca ex carcerata].

 Il terzo episodio, El mas fuerte [“Il più forte”], è la rappresentazione dell’IRA nella sua espressione più pura e ci ricorda  da vicino la pena riservata agli iracondi che, nell’Inferno dantesco, si rotolano nel fango, lottando sino al reciproco annientamento [con Leonardo Sbaraglia nella parte di Diego Iturralde e Walter Donado in quella di Mario].

 Il quarto episodio, Bombita [“Bombetta”], con Riccardo Darin nella parte di Simon Fisher, narra di un ingegnere che maneggia abilmente esplosivi utili ad abbattere edifici obsoleti e/o pericolanti. L’innata aggressività di Simon, che ritiene di aver subito una serie di torti, esplode infine in un gesto terroristico che sa di vendetta privata, ma che subito si trasforma, non senza l’ironia della sceneggiatura, nel riconoscimento collettivo del gesto eroico compiuto da Simon, anche da parte della moglie che lo aveva abbandonato.

 Il quinto episodio, La propuesta [“La proposta”], introduce il corollario minore dell’IRA, la corruzione, in una vicenda generata da una violenza non voluta, ma determinata dalla condizione esistenziale del giovane Santiago, rampollo nevrotico di una ricca famiglia [Alan Daicz]. Il tentativo di salvare il ragazzo da parte di suo padre Mauricio [Oscar Martinez] e di sua madre Helena [Maria Onetto], con la complicità di veri e propri avvoltoi, quali un avvocato [Osmar Nuñez], un funzionario [Diego Velazquez] e un servitore [German de Silva], avrà come conseguenza il trionfo dell’ingiustizia e la punizione del più debole, in un corto circuito esplosivo tra violenza-corruzione-ira e vendetta.

 L’ultimo episodio, infine, Hasta que la muerte nos separe [“Fino a che la morte non ci separi”] narra la storia di una coppia durante la la festa nuziale in un hotel [Erica Rivas e Diego Gentile, rispettivamente interpreti di Romina e Ariel]. Nel corso della cerimonia,  Romina scopre per caso il tradimento del marito con una compagna di lavoro e in preda all’ira e alla disperazione, più per gelosia che per amore, si vendica accoppiandosi con il primo cameriere che le capita a tiro. A questo punto, la violenza generata dall’ira, dalla gelosia e dalla vendetta esplode nelle sale del banchetto e sarà solo grazie alla lussuria se l’ira sarà messa in fuga, assieme ai convitati, esterrefatti da tanta oscenità.    

 Un film, quello del regista argentino [ben visibile la mano di Pedro Almodovar], condotto con maestria pittorica, capacità di divertire, ritmo e immancabile porzione di violenza, e che in alcuni momenti strizza volentieri l’occhio al genere Noir. Insomma, una serie ben congegnata di racconti che ci trascina nell’arena dei nostri vizi più praticati.


Sergio Magaldi 

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