giovedì 19 marzo 2015

LA CONSAPEVOLEZZA DEI DIRITTI UMANI [Parte Seconda]




La Dichiarazione Unanime di Tredici Stati Uniti d’America (1776), La Prima Costituzione Americana (1787), La Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino (1789)]


N.B. Il post è stato pubblicato per la prima volta sul sito del Movimento Roosevelt


 L’individuazione di un primo nucleo di diritti umani inalienabili, avvenuta tra contrasti e alterne vicende, nell’Inghilterra del XVII Secolo, trovò la sua concreta formulazione, per uno dei tanti paradossi della Storia, nella Dichiarazione di Indipendenza dalla madrepatria inglese di tredici colonie americane. Se nel preambolo di The Unanimous Declaration of the Thirteen of the United States of America e in gran parte delle affermazioni che ne seguono l’obiettivo è quello di legittimare il distacco dalla Corona britannica, i primi cinque principi hanno valore universale e fondativo di ogni successivo diritto umano. Si basano su una verità considerata evidente di per sé, quella stessa verità di cui, come sappiamo (cfr. il post La consapevolezza dei diritti umani [Parte Prima] e clicca sul titolo per leggere) già parlavano confusamente alcuni illuminati sofisti  dell’Atene del V Secolo contro altri sofisti:

 “[…] Da una parte, Trasimaco e Callicle, sostenitori del diritto del più forte – basato sulla natura ferina dell’uomo e sull’idea di una originaria disuguaglianza che fa gli uni più forti e/o più intelligenti e capaci di altri, gli uni atti a comandare, gli altri a ubbidire – che legittima la privazione dei diritti umani a vantaggio di un’aristocrazia della forza e/o dello spirito […]Dall’altra, Ippia di Elide, Alcidamante e Antifonte Sofista, che rivendicano per tutti gli uomini – in quanto una sola è la condizione umana sulla Terra, a prescindere dalle diverse risorse e capacità – il godimento degli stessi diritti imposti dalla medesima natura”.

 Verità evidente e fondata sulla ragione, ma non riconosciuta da tutti, perché è un fatto, purtroppo, che non tutti gli esseri umani facciano uso di ragione. Verità addirittura negata per affermare, come faceva  il sofista Callicle, il diritto del più forte. Ricordavo in proposito, nel precedente intervento, gli esempi storici del Fascismo, del Nazismo e di ogni Totalitarismo di destra o di sinistra e, aggiungo ora, di ogni  regime oggi esistente dove, di diritto e/o di fatto, i diritti umani sono sistematicamente violati. Il che, purtroppo, si verifica in centinaia di Paesi, a giudicare dal rapporto inquietante formulato di recente da Amnesty International.

 “We hold these truths to be self-evident, “Queste verità noi consideriamo di per sé evidenti…” dichiarano i rappresentanti degli stati americani riuniti in Congresso a Philadelphia il 4 Luglio del 1776:

1)   “that all men are created equal”,  “che tutti gli uomini sono stati creati uguali”
2)   “that they are endowed by their Creator with certain unalienable rights”,  “che sono stati dotati dal loro Creatore di certi diritti inalienabili”
3)   “that among these are life, liberty and the pursuit of happiness”,  “che tra questi diritti ci sono la vita, la libertà e il perseguimento della felicità”
4)   “that to secure these rights, governments are instituted among men, deriving powers from the consent of the governed”,  “che per assicurare questi diritti, tra gli uomini sono stati istituiti governi, che traggono il loro consenso direttamente dai governati”
5)   “that whenever any form of government becomes destructive to these ends, it is the right of the people to alter or to abolish it and to institute new government, laying its foundation on such principles and organizing its powers in such form, as to them shall seem most likely to effect their safety and haooness”,  “che ogniqualvolta una forma di governo si fa distruttiva di questi fini, è diritto del popolo modificarla o abolirla e istituire un nuovo governo che poggi le sue fondamenta su tali principi e regoli il potere in una forma tale da sembrare la migliore per promuovere la sicurezza e la felicità del popolo”.

 Come si vede, viene ripreso il principio – anche se con minori puntualizzazioni – già formulato nel Patto del Libero Popolo Inglese [An Agreement of the Free People of England ], che riconosce la sovranità popolare, il contratto sociale e i diritti inalienabili dell’uomo alla vita e alla libertà (secondo punto) e anche alla sicurezza, come si evince dal quinto punto. Le idee del filosofo inglese John Locke [1632-1704] trovano dunque pieno accoglimento. C’è in più, fortemente voluto da Benjamin Franklin [1706-1790], il diritto al “perseguimento della felicità”. Norma di principio che non troverà posto negli articoli di nessuna futura costituzione europea, a cominciare dalla famosa Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino del 1789, che tuttavia, come si vedrà più sotto, vi fa riferimento nel Preambolo. La ragione è semplice e si basa almeno su tre ordini di motivi: a) Il timore “classista” di un diritto così impegnativo, b) lo scetticismo degli europei a fronte dell’ottimismo degli americani, c) l’idea che lo stato non possa e non debba interferire a nessun titolo nella sfera privata dei cittadini. A tutto ciò, deve aggiungersi ancora oggi la valutazione ironica o addirittura sarcastica circa un principio di cui non si riesce a vedere, o non si vuole, l’efficacia normativa; dimenticando di considerare, o non volendo, che l’introduzione nella carta costituzionale del diritto alla ricerca della felicità, comporta di necessità da parte dei legislatori l’introduzione di tutta una serie di norme per facilitare il più possibile il raggiungimento di tale legittima aspirazione da parte di ogni essere umano.

 La piattaforma dei diritti umani sarà completata, a undici anni di distanza dalla Dichiarazione d’Indipendenza, nella prima Costituzione degli Stati Uniti d’America [17 Settembre 1787] che è anche la prima carta costituzionale del mondo. In dieci emendamenti vengono codificati alcuni dei punti contenuti nel più volte citato Patto del Libero Popolo Inglese e cioè: il divieto di introdurre norme atte a stabilire una religione di Stato, con il relativo diritto per i cittadini di professare qualsiasi religione [sull’esempio del Pantheon degli antichi romani]; il divieto di ogni norma che limiti la libertà di parola e di stampa, il diritto di associazione e di rivolgere petizioni al governo [Primo Emendamento]. Il diritto del popolo di tenere e portare armi per la propria sicurezza [II]. E ancora, una norma che riprende e modifica il terzo punto della Petizione dei diritti che nel 1628 il Parlamento inglese rivolge al re Carlo I [cfr. la Parte Prima di questo scritto], in base alla quale nessun soldato, in tempo di pace, può essere acquartierato in una casa senza il consenso del proprietario né, in tempo di guerra, se non nei modi previsti dalla legge [III]. Il diritto dei cittadini a non subire perquisizioni di alcun genere [persone, case, carte, effetti], non ragionevoli o non sufficientemente motivate [IV]. E inoltre che in tempo di pace, nessuno possa essere chiamato a rispondere di un delitto se non su denuncia o accusa di un Gran Giurì, nessuno possa essere processato due volte per lo stesso delitto, né chiamato in un processo penale a testimoniare contro se stesso [V]. I restanti emendamenti riguardano la tutela legale del cittadino.
                                       
 La risoluzione circa i diritti umani, contenuta nei principi della Dichiarazione di Indipendenza Americana e nei successivi emendamenti, sbarca nel vecchio continente a due anni i distanza dall’approvazione della prima Costituzione degli Stati Uniti d’America. Dopo la presa della Bastiglia del 14 Luglio, il popolo francese in armi, attraverso i propri rappresentanti, tra il 26 e il 27 Agosto del 1789, approva la famosa Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino in 17 articoli preceduti dal seguente Preambolo:




  Déclaration des Droits de l'Homme et du Citoyen de 1789
 Les Représentants du Peuple Français, constitués en Assemblée Nationale, considérant que l'ignorance, l'oubli ou le mépris des droits de l'Homme sont les seules causes des malheurs publics et de la corruption des Gouvernements, ont résolu d'exposer, dans une Déclaration solennelle, les droits naturels, inaliénables et sacrés de l'Homme, afin que cette Déclaration, constamment présente à tous les Membres du corps social, leur rappelle sans cesse leurs droits et leurs devoirs ; afin que les actes du pouvoir législatif, et ceux du pouvoir exécutif, pouvant être à chaque instant comparés avec le but de toute institution politique, en soient plus respectés ; afin que les réclamations des citoyens, fondées désormais sur des principes simples et incontestables, tournent toujours au maintien de la Constitution et au bonheur de tous.

 I rappresentanti del popolo francese, costituiti in Assemblea Nazionale, considerando che l’ignoranza, l’oblio o il disprezzo dei diritti dell'uomo sono le sole cause delle pubbliche calamità e della corruzione dei governi, hanno preso la risoluzione di esporre in una Dichiarazione solenne, i diritti naturali, inalienabili e sacri dell'Uomo, affinchè questa Dichiarazione, costantemente presente per tutti i Membri del corpo sociale, ricordi loro senza interruzione diritti e doveri; affinchè gli atti del potere legislativo e quelli dell'esecutivo, potendo essere ad ogni istante messi a confronto con il  fine di ogni istituzione politica, siano più rispettati; e le proteste dei cittadini, fondate d’ora in avanti su semplici e incontestabili principi, si volgano sempre al mantenimento della Costituzione e alla felicità di tutti.

    Nella traduzione italiana, ho messo in risalto le parole che chiudono il Preambolo, prima della successiva formulazione dei 17 articoli. Quel “bonheur de tous”, nella maggior parte delle versioni italiane è tradotto, per me impropriamente, con « bene comune », ma bonheur in francese significa felicità e, sempre a mio parere, si tratta di un chiaro riferimento a quel diritto di ricerca della felicità sancito nella Dichiarazione di Indipendenza Americana. È vero che non trova riscontro nel II articolo, dove si legge, ribadendo i principi del contratto sociale e del giusnaturalismo, che lo scopo di ogni associazione politica è la conservazione dei “diritti naturali e imprescrittibili dell’uomo”, e cioè libertà, proprietà, sicurezza e resistenza all’oppressione. Manca dunque il riferimento al perseguimento della felicità, ma non per questo si può ignorare il timido accenno che se ne fa nel Preambolo. È assente dalla lista anche il diritto alla vita, ribadito dagli americani e conforme alle teorie di Locke. Semplice dimenticanza, o sintomo di una certa riluttanza a parlare di “diritto alla vita” nel bel mezzo di una rivoluzione che di sicuro fu cruenta?

 Rispetto alla Dichiarazione del 1776 e alla Costituzione del 1787 ci sono altre differenze: la sovranità del popolo diventa la sovranità della nazione [Art. III], si definisce il concetto di libertà, intesa come il diritto di poter fare tutto quello che non nuoce agli altri [IV], si dichiara lecito tutto ciò che non è proibito dalla legge [V] e che quest’ultima è l’espressione della volontà generale [VI], concetto che si ispira a Jean-Jacques Rousseau [1712-1778] e di cui parlerò in seguito, si ribadisce solennemente nell’ultimo articolo che la proprietà è un diritto inviolabile e sacro [XVII]. Gli articoli che non ho menzionato, riguardano la libertà di opinione, di comunicazione e di stampa, la tutela dei cittadini di fronte alla legge, l’obbligo alla contribuzione pubblica, l’inconsistenza giuridica di ogni società nella quale non sia assicurata la guarentigia dei diritti. Tutti principi che, mutatis mutandis, si ritrovano nelle rivendicazioni del Popolo e del Parlamento inglese nel XVII Secolo, e nei Congressi americani del XVIII.

 Restano per il momento due osservazioni: la prima è che le dichiarazioni e le codificazioni originali dei diritti umani sono tutte redatte in inglese o francese, non in spagnolo, italiano, tedesco o in qualsiasi altra lingua del mondo. La seconda è che neppure una parola è detta sui diritti delle donne, laddove in buona o cattiva fede sembra ritenersi che il concetto di “uomini” [e neppure di “esseri umani”], genericamente inteso, sia sufficiente anche a rappresentare  l’ “altra metà del cielo”, ma di questo mi occuperò in un prossimo intervento.


sergio magaldi

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