mercoledì 27 gennaio 2016

RICORDARE LA SHOAH





 Oggi è il giorno della memoria, per chi vuole ricordare e per chi vuole dimenticare la barbarie nazifascista che si è abbattuta sull’Europa nella prima metà del secolo scorso. Non per retorica, né per conoscere la Storia, ma per la consapevolezza di quanto grande possa essere la crudeltà degli esseri umani. Il brano che segue è tratto da un romanzo autobiografico: Tell Me Another Morning [“Raccontami un altro mattino”] di Zdena Berger:



Zdena Berger, Raccontami un altro mattino, Baldini Castoldi Dalai editore, trad. Marina Premoli, Milano, 2008, pp.315


 Siamo in fila davanti all’ultima baracca. Ci hanno detto di uscire ed eccoci lì. Vedo gli uomini sull’altro lato della strada, immobili e silenziosi. Oggi non lavorano alla strada. E la parola è ripetuta molte volte, la sento sospesa nell’aria, gonfia come un pallone: una parola sola, e occupa tanto spazio.
 Selezione… selezione.
 […]
 Ora entrano le prime. Rumore di zoccoli di legno sull’assito. È una grande sala, del tutto vuota. Siamo noi l’unico arredamento.
 […]
 Poi la voce di uno di quelli in grigioverde, che ordina di fare silenzio. E nel silenzio della stanza la sua voce trasmette due parole: «Spogliarsi! Completamente!»
 La stanza si stira in alto, una selva di mani sopra la testa, abiti grigi sospesi un attimo verso il soffitto prima di ricadere, poi la stanza si china, ginocchia che si divincolano, gli abiti tanti fagotti grigi ammucchiati alle caviglie.
 Mentre comincio a spogliarmi, la mamma è già nuda, le braccia conserte sul seno, e sembra troppo bianca e troppo nuda. Mi tiro giù le mutande e penso a quante volte ho immaginato di spogliarmi per la prima volta davanti al mio primo uomo –
 […]
 Si apre la porta. Rumore di tacchi che sbattono, e quelli in grigioverde si portano la mano alla fronte rosea. Davanti a loro, un uomo alto, il cranio biondo rasato. La sua uniforme sembra più verde delle altre, gli stivali più scuri. In mano, un frustino da cavallerizzo. Sotto le stellette e le foglie di quercia, un distintivo con un bastone e due serpenti attorcigliati. Il distintivo dei medici. Noi non siamo malate. Io non sono malata.
 […]

 Le donne in fila per uno, nudi corpi in lento movimento verso quell’uomo. Lui non dice niente. Ma il frustino nero si muove ogni volta. Sinistra, destra. Vedo già due gruppi. Sinistra, destra. Destra. Destra. Sinistra. A volte la mano si ferma, il frustino alzato a mezz’aria in un momento d’immobilità. Poi si muove rapido: sinistra, destra. Posso quasi sentire il suo movimento. [Op.cit.,ed. mondolibri, pp.106-108]

sergio magaldi

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