domenica 7 agosto 2016

INTRODUZIONE ALLO STUDIO DELLA QABBALAH [Parte Terza]




SEGUE DA:
  Clicca su ciascun titolo per leggere


Prosegue il glossario essenziale su termini, concetti e nomi noti nello studio della Qabbalah. Le parole in grassetto costituiscono altrettante voci del glossario.



ANIMA

Cinque sono i livelli dell’anima nella concezione ebraico-cabbalistica. Il livello più basso, anche se indispensabile all’incarnazione e alla vita sulla terra, è rappresentato da NEPHESH. Comune agli esseri umani e agli animali, questo livello dell’anima presiede alla vita istintuale, è assimilato al sangue che scorre nei corpi, e ha la sua fonte nel fegato. Presente nel corpo al momento della formazione dell’embrione, lo abbandona dopo la morte, ma solo quando è avvenuta la completa putrefazione della carne e dopo che il terzo e il quarto livello dell’anima sono già usciti dal corpo.
Il quarto livello è rappresentato da RUACH, il soffio vitale. Anche questo livello dell’anima è comune tanto agli esseri umani che agli animali. È lo spirito di vita che entra nei corpi al momento della nascita e che fuoriesce con l’ultimo respiro della morte. La sua fonte è nel cuore e nei polmoni. È questo il livello dell’anima che abbandona il corpo prima di NEPHESH e subito dopo NESHAMAH.
Il terzo livello dell’anima è appunto rappresentato da NESHAMAH ed è ciò che caratterizza lo spirito di una persona, la sua razionalità, la sua sensibilità, il suo equilibrio e le sue conoscenze. Questo livello appartiene esclusivamente agli esseri umani ed ha la sua fonte nel cervello. Entra nel corpo in età puberale ma il tempo preciso del suo ingresso varia da individuo a individuo. Abbandona il corpo sempre prima di RUACH e NEPHESH.
Diverso il discorso per i due restanti livelli: il secondo, CHAYA, manifesta l’intuizione e la comprensione della trascendenza; il primo, YECHIDAH, la completa identificazione con l’unità e con il divino. Entrambi questi livelli dell’anima non sono accessibili a tutti. Da parte di alcuni cabalisti i cinque livelli dell’anima sono visti come altrettanti corpi di luce che riempiono i quattro mondi [OLAM].

ASSIAH

La Qabbalah individua quattro universi paralleli nella manifestazione. L’ultimo e il più basso è Assiah, dove domina la materia e l’azione e dove il male metafisico e morale tende a prevalere.

ATZILUT

È il primo e il più elevato dei quattro mondi, Olam Atzilut o mondo dell’Emanazione. In lui è contenuto tutto il progetto divino,  quale si viene realizzando negli altri tre universi.

ARI 

Ari “Leone”, soprannome reverenziale nonché acronimo di Ashkenazi Rabbi Yitzhak, il maestro cabbalista askenazita Isacco Luria vissuto nel XVI secolo tra Gerusalemme e Safed. Con lui si chiude la Qabbalah classica e medievale e inizia la speculazione cabalistica moderna e contemporanea. In suo onore, ma talora anche per sottolineare le differenze con il passato, si parlerà di Qabbalah lurianica. Haym Vital,  suo discepolo della cerchia di Safed, ebbe un ruolo determinante nel divulgare il pensiero del maestro.

ARIZAL

Altro soprannome di Isacco Luria, formato da due acronimi: ARI e ZAL. Per il primo [ARI] si veda la voce precedente. ZAL, il secondo acronimo è formato da Zikhrono Livrakha [“Benedetta la sua memoria”], con l’aggiunta di una vocale [com’è noto le vocali non fanno parte dell’alfabeto ebraico] per unire le due consonanti.

AUR [OR]

Aur [Or, Luce]: Il punto di luce, adombrato dalla luce infinita e per noi oscura, è il primo dei dieci “Dio disse” del Genesi ed è anche il primo istante della creazione. Facendosi altro da sé, l’Infinito si determina ad essere il finito illimitato. E’ davvero così? L’invisibile puntino da cui lo yud - la più piccola lettera dell’alfabeto ebraico - è tracciato è davvero altro? Osserviamo intanto che quel puntino di luce è per noi invisibile  proprio come la luce oscura e, dunque, partecipa della stessa natura di questa. Da che riconoscere allora la luce che si diffonde da quel primo punto? La risposta è nel successivo versetto del Genesi: “Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre.” (Genesi 1:4). La separazione consentì all’uomo - vista l’impossibilità di percepire il puntino luminoso o primo istante della creazione - di vedere finalmente la luce attraverso le cose. Ciò che significa vedere la luce nel contrasto con le tenebre. Naturalmente questa oscurità non ha nulla a che vedere con l’Oscurità originaria, da cui scaturì il primo punto di luce.
Gli uomini non sopportano la vista della luce troppo fulgida (bahir), il buio è per te come la luce ( Sepher Bahir, 1) Solo della luce c’è sostanza, non così della tenebra che, pure, è creata da Dio (13) La luce precedette il mondo (16) Nessuna creatura può guardare la prima luce (147). Qual è il nascondiglio della potenza di Dio? E’ la luce che ha celato e nascosto e che tiene in serbo per i giusti del ‘olam ha-ba o mondo a venire, quella che rimane è per coloro che confidano in Dio, osservano la Torah, compiono i suoi precetti, santificano il suo Nome e ne proclamano l’unità in segreto e in pubblico (148) La Torah è una luce (149) Fu così creata una grande luce, che nessuna creatura avrebbe potuto sopportare. Il Santo, sia Egli benedetto, vide che nessuno poteva tollerarla: ne prese allora la settima parte, e la sostituì, per essi all’intero. Il resto lo ripose per i giusti a venire (160)E’ scritto: E Dio disse: Sia la luce, e la luce fu. In verità, questo ci insegna che la luce era assai grande, né alcuna creatura poteva fissarla (190).

AVAYA

Nome formato dalle quattro lettere del Tetragramma. Indica l’esistenza e la manifestazione.

AVRAHAM ABULAFIA

Avraham Abulafia [Saragozza 1240 – località della Sicilia, data probabile il 1291] cabbalista itinerante, fu in Grecia dove forse subì l’influenza dell’Esicasmo cristiano, in Israele, in Italia, a Capua dove gli fu maestro Rabbi Hillel di Verona, in Catalogna, in Castiglia dove ebbe numerosi e importanti discepoli e, infine, in Sicilia dove, con molta probabilità terminò la sua vita. Famoso il suo tentativo di incontrare il Papa Niccolo III nel 1280 presso il castello Orsini di Soriano nel Cimino, nonostante le minacce papali di rogo. Il Papa che si era rifiutato d’incontrarlo e che lo aveva minacciato di morte, morì all'improvviso.
Abulafia conobbe l’ostilità tanto dell’ambiente ebraico–cabbalistico quanto di quello cristiano. L’ossessione, per così dire, che egli manifesta per l’Uno e per l’Unità (Ichud) lo porta a polemizzare aspramente col concetto cristiano di Trinità, mentre, sul versante cabbalistico, lo induce al conflitto con la cosiddetta Qabbalah delle Sephiroth, di fronte alla quale, sulla scia di Isacco il Cieco, ripropone con forza la Qabbalah del nome di Dio e delle ventidue lettere dell’alfabeto con cui Dio creò il mondo.
Abulafia è ritenuto, l’iniziatore di una Qabbalah estatica o profetica. Ma, a parte la considerazione che molti dei temi da lui trattati erano stati già affrontati da Isacco il Cieco e dalla sua scuola, la stessa pratica della concentrazione e della meditazione non era mai venuta meno nella tradizione ebraica. Già la preghiera era sempre stata uno strumento di meditazione (soprattutto L’ Amidà e lo Shemà Israel), come pure l'uso di prendere un versetto della Bibbia come oggetto di meditazione (gherushin), la concentrazione per la conoscenza del sé o Hitbonenuth (già utilizzata da Maimonide) che può prendere a riferimento una pietra, una foglia, un fiore, un'idea ecc...ma che ha lo scopo la comprensione di se stessi alla luce degli altri oggetti della creazione. Noto era anche l’uso del mantra (Ribbonò shel Olàm, ‘Padrone dell'Universo’, il più importante) per il mantenimento della concentrazione.
L’originalità di Abulafia, tuttavia, consiste nell’aver saputo distinguere tra contemplazione semplice e concentrazione capace di condurre sino alla visualizzazione. L’esperienza mistica della visione dei colori ( per esempio, i cinque colori che si sprigionano dal lume di una candela o da una lampada ad olio: biancogiallorosso neroazzurro) è da lui considerata la più semplice tra quelle consentite dalla Qabbalah, ma è di grande importanza perché rappresenta lo stadio iniziale di ogni ulteriore e più complessa visualizzazione. Il valore numerico di Machazeh visione è 60, con lo stesso valore: Kli  recipiente (uno dei 72 nomi di Dio), Ganaz nascondere, Hineh  ecco! Halakhah  regola di vita, Gaon  sapiente. In Abulafia è anche frequente la Ghematria ha Machazeh (65) la visione, con Adonai (65), terzo dei nomi di Dio, dopo il Tetragramma ed Elohim.
La meditazione vera e propria è tuttavia, per Abulafia, quella che si esercita attraverso la contemplazione delle lettere dell’alfabeto, a cominciare dalle tre lettere madri: Alef  Mem  Shin e dal nome di Dio di quattro lettere (Tetragramma), anche ricorrendo alla tecnica della permutazione o Temurah. La meditazione sul Tetragramma può cominciare dalla consapevolezza di uno dei suoi significati: la prima lettera, la Yud è la moneta  o la vita, la seconda, la He  è la mano divina che dona la vita, la terza lettera o Waw è il braccio che si tende per donare, la quarta lettera, infine, o seconda He, è la mano di chi riceve.
Un’altra meditazione raccomandata da Abulafia è quella su Ayn, nulla, alla quale si può accedere fingendo di contemplare ciò che si vede dietro la nostra testa, oppure mettendo in relazione Ayn, nulla con Anì, io. [SEGUE]

sergio magaldi





Nessun commento:

Posta un commento