giovedì 24 marzo 2016

IL RUOLO DELL'ASTROLOGIA nel patrimonio sapienziale dell'umanità [3° ASTROLOGIA E TRADIZIONE EBRAICA]



SEGUE DA:

IL RUOLO DELL'ASTROLOGIA nel patrimonio sapienziale dell'umanità [1°MASSONERIA E ASTROLOGIA] clicca sul titolo per leggere

IL RUOLO DELL'ASTROLOGIA nel patrimonio sapienziale dell'umanità [2°ASTROLOGIA E ASTROLATRIA] clicca sul titolo per leggere



  Dall’analisi del Pentateuco (Torah scritta) e degli altri libri dell’Antico Testamento è emerso l’atteggiamento biblico nei confronti dell’astrologia. Non condanna, come spesso si è impropriamente affermato, perché la condanna riguarda unicamente l’adorazione degli astri, ma, certo, neppure riconoscimento di un ruolo autonomo dell’astrologia. In tale generale contesto dove – come abbiamo visto – si giunge addirittura ad esaltare la bellezza e la bontà di stelle e costellazioni in quanto creature divine, si delinea con sufficiente chiarezza, per chi voglia vedere, la veridicità degli astri come segni celesti. Ciò significa che le previsioni degli astri, nel bene e nel male e sino a quando non siano smentite dalla volontà di Dio, sono attendibili. E’ il caso, per esempio, della discendenza di Abramo. La natura stessa sembra confermare ciò che Abramo ha visto con ‘la sua astrologia’, ma un intervento straordinario di Dio consente di superare sia limiti naturali che previsioni astrali.

 Nel Talmud, ([1]) il discorso è completamente diverso, perché numerosi trattati contengono l’esposizione dettagliata delle influenze astrali sulla vita degli uomini e il principio stesso del Ein mazal le Israel è talora messo in discussione. Così, per esempio, in Berachoth 64a è detto che se si conoscono i segni del destino si è in grado di prolungare la vita, sempre che il proprio comportamento non contrasti con la Torah. Del resto, nella comunità ebraica di Babilonia, all’interno della quale fu redatto il Talmud babilonese, non si dubitava che l’astrologia fosse una scienza e che agli ebrei fosse lecito consultarla. Restava solo qualche dubbio sulla questione se Israele fosse o no soggetta alle influenze astrali. ‘Il destino dell’uomo è strettamente legato alla sua costellazione’ recita il trattato Meghillah, 3a e come unico rimedio si consiglia la recita dello Shemà. ([2]) E il trattato Moèd Katan, 28a afferma: “Longevità, discendenza e mezzi di sussistenza non dipendono dal merito ma dai pianeti. Considerate l’esempio di Rabbah e di R.Chisdà, i quali erano ambedue uomini giusti. L’uno usava invocare la pioggia e quella discendeva, mentre la preghiera dell’altro non aveva tale risultato. R. Chisdà raggiunse l’età di novantadue anni, mentre Rabbah morì a quaranta. Nella casa del primo furono celebrati sessanta matrimoni, mentre nella casa di quest’ultimo sessanta funerali. Nella casa di R.Chisdà i cani mangiavano pane del migliore fior di farina e nessuno se ne curava, mentre nella casa di Rabbah non c’era neppure pane d’orzo per gli uomini”. Nel trattato Baba Bathra,16b si racconta che Abramo portasse sul cuore una tavola astrologica e che tutti i re d’oriente e d’occidente si recassero da lui per consultarla. La fama di Abramo astrologo è riportata anche in Nedarim I,4 ma in Nedarim 32a è detto che a colui che si astiene dalla divinazione è assegnato un posto in cielo dove neanche gli angeli possono entrare.

 Il trattato talmudico che maggiormente si occupa favorevolmente di astronomia, di astrologia e di astri è Shabbat, dove la conoscenza dei cicli (solstizi ed equinozi) e dei segni zodiacali (tequfot ve-mazalot) è addirittura sollecitata in adempimento alle Scritture (75a). Chi dispone del sapere di stelle e segni zodiacali (chokmat ha kokhavim ve ha mazalot ) e non lo usa, non osserva l’opera del Signore né vede il lavoro delle sue mani, secondo il versetto di Isaia (5:12): ‘(guai a coloro) che non riguardano l’opera del Signore e non vedono il frutto delle sue mani’.

 Com’è noto astri e costellazioni sono parte dell’opera di Dio, essi furono fatti nel quarto giorno della creazione. Calcolare cicli e segni zodiacali (tequfot ve-mazalot) è dunque per l’ebreo addirittura una mitzvà (precetto religioso) secondo l’interpretazione che i dotti del Talmud danno alle parole di Mosé: ‘Vedete, io vi insegno le leggi e le norme che il Signore, mio Dio, mi ha incaricato di darvi, perché le mettiate in pratica (…) Osservatele con impegno: mostreranno la vostra saggezza e la vostra intelligenza di fronte agli altri popoli…’ ([3] )

 Nello stesso trattato si raccontano aneddoti a sostegno della veridicità dell’astrologia: i decreti degli astri trovano la strada per realizzarsi anche nelle circostanze più difficili ed imprevedibili: “Joseph, celebre per la maniera con cui onorava lo Shabbat, aveva per vicino un pagano ricchissimo. I Caldei (cioè gli astrologi) dissero a quest’ultimo che le sue ricchezze sarebbero passate in potere di Joseph. Allora egli vendette tutte le sue proprietà, comprò col ricavato una perla, che mise nel suo berretto. Mentre stava traversando un traghetto, il vento gli fece volar via il cappello, la perla cadde nell’acqua, e un pesce la inghiottì. Il pesce fu pescato e fu messo in vendita il Venerdì. I pescatori cercavano chi volesse acquistarlo, furono consigliati di portarlo a Joseph, lo scrupoloso osservante dello Shabbath, che era solito acquistare quel genere di pesce. Glielo portarono ed egli lo acquistò. Quando lo aprì, vi trovò dentro una perla, che vendette per una immensa somma di denaro” ([4]). Tuttavia, la recita dello Shemà, l’osservanza della Torah o la pratica della carità, come si racconta in un altro aneddoto, possono modificare il destino sfavorevole indicato dagli astri: “Due discepoli di R.Channina uscirono a tagliar legna. Un astrologo li vide e disse: ‘Ecco due uomini che sono usciti ma che non rientreranno’. Mentre erano in cammino, incontrarono un vecchio, che disse loro: ‘fatemi la carità, chè da tre giorni non mangio’. Avevano un pezzo di pane, lo tagliarono in due parti e gliene dettero una. Quegli mangiò e pregò per loro, dicendo: ‘Possiate salvarvi oggi la vita, come oggi avete salvato la mia’. Andarono in pace e tornarono in pace. Si trovarono per caso colà alcuni che avevano udito la predizione dell’astrologo, al quale allora domandarono: ‘Non avevi detto che questi due uomini sarebbero andati ma non sarebbero tornati?’ ‘C’è qui un mentitore (alludendo a se stesso) – egli rispose – poiché le sue previsioni sono false’. Perciò andarono e investigarono sulla questione; e trovarono un serpente tagliato in due, mezzo nel carico di legna di uno, mezzo nel carico di legno dell’altro discepolo. La gente chiese loro: ‘Che vi è capitato oggi?’ Quelli riferirono l’incidente e l’astrologo esclamò: ‘Che cosa posso fare io se il Dio degli Ebrei si placa con la metà di un pezzo di pane?’ ” (5)

 I dotti del Talmud discutono spesso tra loro se, ad influenzare la vita degli individui, sia il pianeta del giorno o piuttosto quello dell’ora di nascita. Le preferenze vanno al pianeta dell’ora e le influenze sono quelle tradizionali della mitologia greca e dell’astrologia classica. Così, chi nasce nell’ora del Sole sarà indipendente, agiato e di carattere aperto e chiaro, chi nasce nell’ora di Venere sarà di natura sensuale, chi in quella di Mercurio sarà saggio e di buona memoria e così via…

E’ proprio il discorso sull’astrologia oraria che mi induce a riprendere la tesi cui ho già accennato nelle pagine iniziali della prima parte di questo scritto [Massoneria e Astrologia, citato sopra] e cioè quella del comune atteggiamento di ebraismo ed ermetismo nei riguardi dell’astrologia. L’accettazione delle tecniche di interrogazione e di elezione dell’astrologia oraria, proprie dell’ermetismo, da parte di autorevoli Rabbi della comunità di Babilonia non modifica, a mio giudizio, le similitudini e le differenze esistenti tra le due concezioni. Al più, induce l’ebreo ad accostarsi all’astrologia senza tema di peccato. Intanto perché, come osserva Abraham bar Hiyya  solo all’ebreo in stato di purità è dato emanciparsi dal fato e poi perché solo a lui è dato legittimamente interrogare le stelle per conoscere ore favorevoli e ore nefaste.

 Il dibattito infinito sulla legittimità dell’astrologia, sulla possibilità che l’ebreo ha di conciliarla con la Torah, porta qualcuno a chiedersi: Dio avrebbe creato gli astri se questi rappresentassero davvero un rischio per la fede? A questa domanda, per così dire, conciliativa, si danno spesso risposte in chiave umoristica, come quella contenuta nel Midrash Rabba (Genesi X:3-4): “Questo si può comparare a un re che è entrato in una provincia ed è stato sedotto dall’entusiasmo con cui gli abitanti lo hanno accolto. Per ringraziarli, egli decise di farli divertire con la corsa dei carri. Ecco perché c’è un pianeta che percorre la sua orbita in dodici mesi ed è il Sole, un altro in dodici anni ed è Giove, un altro in trenta giorni ed è la Luna, un altro ancora in trenta anni ed è Saturno etc…”.

 Fuori del suo contesto, la risposta del Midrash fa venire in mente Piero Pomponazzi e la sua concezione dell’astrologia come ‘gioco di Dio’


[Segue]

sergio magaldi


1 Il Talmud è una raccolta enciclopedica della tradizione ebraica, compilata durante un periodo di circa ottocento anni, dal 300 a. C. al 55 d.C., in Palestina (Talmud di Gerusalemme) e in Babilonia (Talmud di Babilonia). Il suo contenuto si può suddividere in Halakhah (‘via’ da seguire, precetti della Torah da osservare) e in Haggadah (materiale narrativo di genere vario). Dell’Halakhah fa parte la Mishnah (insegnamento dei Dottori della Legge e sorta di Torah orale, si compone di numerosi trattati) e la Ghemarà (commentario a completamento della Mishnah). Dall’Haggadah si sviluppò, in tutta la sua complessità, la letteratura rabbinica dei Midrashim o raccolta delle interpretazioni rabbiniche.
2   d j a   h w h y   w n y h l a    h w h y    l a r c y    u m c
Shemà Israel Adonai Elohenu Adonai Echad…’ “Ascolta… Israele… il Signore è il nostro Dio… il Signore è uno… Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutte le tue forze e saranno queste parole che io ti comando oggi nel tuo cuore… le ripeterai ai tuoi figli e ne parlerai con loro stando nella tua casa, camminando per la via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Le legherai per segno sul tuo braccio e saranno come frontali in mezzo agli occhi e…
3 Deuteronomio, 4:5-6
4 Shabbat, 119a, in Il Talmud, cit., p.333. L’evidenziato in corsivo è mio.
5 P. Shabbat, 8d in op.cit., p. 334











giovedì 17 marzo 2016

ALLEGRI VINCE, ALLEGRI PERDE: tutto secondo copione





 Dopo la Roma, anche la Juve esce dall’Europa, secondo un copione già scritto. In proposito, notavo in un precedente post del 13 Febbraio u.s. [LA SERIE A  E L’EUROPA, clicca sul titolo per leggere tutto]: “(… le due italiane di Champions incontrano [si badi bene, siamo solo agli ottavi!] due delle tre più forti squadre europee [e forse del mondo] e c’è da scommettere che se ce ne fosse stata una terza avrebbe probabilmente incontrato il Barcellona! Evidentemente, il “sorteggio intelligente” dell’Europa calcistica somiglia un po’ troppo all’Intellighenzia europea che da Bruxelles e da Berlino decide il destino degli italiani…)

 Ciò premesso, la Juve di Allegri ha le sue responsabilità, almeno pari a quelle degli arbitri che hanno diretto le partite di Torino e di Monaco (per non parlare dell’arbitraggio di Roma - Real Madrid!). Innanzi tutto per aver perso a Siviglia –  una partita che tranquillamente avrebbe potuto almeno pareggiare – con ciò facilitando non poco il “sorteggio intelligente” dei Signori europei del pallone, ma soprattutto ieri notte, per aver letteralmente buttato via una partita già vinta. Cosa fa Allegri? Dopo aver schierato una formazione convincente, tenuto anche conto delle assenze forzate di Cáceres, Chiellini, Marchisio, Mandzukic e soprattutto Dybala [Ma l’italoargentino era davvero così sovraffaticato, tanto da preferirgli l’infortunato Mandzukic in panchina, e poi in campo per ben 53 minuti, tempi supplementari compresi? Lo sapremo presto, nel prossimo turno di campionato!]. Il paradosso è che proprio in funzione delle assenze, Allegri ha indovinato tatticamente la partita per andare a vincere a Monaco: difesa blindata, contropiede e un pressing simile a quello che il Bayern aveva imposto alla Juve, per almeno un’ora, nella partita di andata. I tedeschi sono stati sul punto di crollare, subendo tre goal [di cui uno erroneamente annullato] e rischiando di prenderne almeno altri due. Poi che è successo? A venti minuti dalla fine della partita, Allegri si inventa la sostituzione di un pimpante e per nulla affaticato Morata – ieri in giornata di grazia, come mai quest’anno – con Mandzukic [ma non era infortunato?!]. Di colpo la Juve arretra, perdendo l’arma del contropiede, perché, come ha giustamente sottolineato anche Pep Guardiola, l’allenatore del Bayern, il croato è giocatore d’area avversaria e non sicuramente un contropiedista, anche quando è al 100%100 della condizione. Risultato? Dopo appena due minuti dall’uscita dal campo di Morata, la Juve subisce il primo goal. Non basta, cosa fa ancora Allegri? Toglie qualità alla Juve, sostituendo Cuadrado e Khedira – le ultime risorse della squadra per portare la palla fuori della propria metà campo –  con Sturaro e Pereyra, e da quel momento il Bayern costringe i bianconeri a difendere a ridosso della propria area, subendo da parte dei tedeschi lo stesso pressing della partita di Torino, con la differenza che essendo più stanca, la Juve questa volta prende tre goal invece di due: all’ultimo minuto il pareggio, che nel gioco delle qualificazioni riporta tutto in parità, e nei tempi supplementari gli altri due. Poco importa, a questo punto, che il quarto goal sia nato da un clamoroso fallo su Pogba non fischiato dall’arbitro, il 3-3 che avrebbe nuovamente qualificato i bianconeri, sarebbe stato forse impossibile da raggiungere negli otto minuti ancora a disposizione.

 Bravo Allegri! Hanno detto i commentatori di Mediaset Premium. Sacchi primo fra tutti, che forse aveva da farsi perdonare una recente polemica con l’allenatore della Juventus e vecchie ruggini di quando Allegri allenava il Milan. Bravo, sì, per aver rischiato di vincere una partita, meno bravo per averla persa, confermando il proprio valore ma anche tutti i propri limiti. Bravo per aver raggiunto la vetta del campionato, dopo una corsa affannosa che l’ha portato a vincere 17 partite di fila, meno bravo per non avere una squadra sufficientemente allenata nelle prime dieci giornate di campionato, per aver utilizzato col contagocce campioni come Dybala e Cuadrado che poi si sono rivelati determinanti nel corso della stagione. E non basta: tutti i quotidiani sportivi sottolineano questa mattina il ruolo determinante avuto da Coman nella rimonta del Bayern. Ebbene, Coman è un centrocampista di appena vent’anni che la Juve ha dato in prestito al Bayern. Con Allegri, nella scorsa stagione, ha giocato poco e niente, perché il tecnico bianconero gli preferiva Sturaro, Padoin o il trequartista Pereyra. La stessa cosa sembra ripetersi quest’anno con Lemina, un centrocampista di 22 anni che mi sembra persino più concreto del fumoso e famoso Pogba. Ma tant’è! La Juve vista ieri notte all’Allianz Arena ha mostrato due volti, proprio come il suo allenatore: tatticamente ineccepibile per più di un’ora, “provinciale” impaurita e costretta nella propria metà campo a difendere strenuamente il risultato e che dopo aver preso il primo goal, ne prende facilmente altri tre. Ora, il contraccolpo della cocente delusione di ieri potrebbe esserci nel derby di Domenica, ma i tifosi juventini confidano nel “riposato” Dybala.


sergio magaldi

martedì 15 marzo 2016

IL RUOLO DELL' ASTROLOGIA nel patrimonio sapienziale dell'umanità [2° Astrologia e Astrolatria]







  La “disputa” tra astrologia simbolica e astrologia giudiziaria suscitata su Facebook, a proposito della prima parte di questo post, non ha ragione di essere per almeno quattro ordini di motivi: 1)L’astrologia genetliaca o giudiziaria presuppone la conoscenza dell’astrologia simbolica. 2)Entrambe necessitano almeno dei rudimenti di astronomia, matematica e geometria. 3)L’astrologia non può in ogni caso essere confusa con l’astrolatria e con la divinazione. 4)Per comprendere il simbolismo del tempio massonico – inteso come rappresentazione del cosmo manifesto – l’iniziato della Massoneria non può prescindere dall’osservazione e dallo studio degli strumenti propri dell’astrologia.
 Scrive in proposito Ivan Mosca nei Quaderni di simbologia muratoria:


 


  Ciò premesso, occorre anche tener presente che la ritualità che scandisce i lavori nel tempio è in gran parte ripresa dalla Bibbia. Non sarà inutile, pertanto, verificare il giudizio, talora contraddittorio, che dell’arte degli antichi Caldei danno i libri del Vecchio Testamento, senza neppure trascurare il ruolo che l’astrologia riveste nel patrimonio sapienziale dell’occidente di cui, come si è detto più volte, la Massoneria è interprete e custode.

 Nel Pentateuco, il riferimento più importante è in quei noti versetti del Genesi (15:5-6) in cui Dio rassicura Abramo che negli astri aveva visto la mancanza di discendenza:

 “Lo fece uscire all’aperto e gli disse: ‘Osserva il cielo e conta le stelle, se puoi contarle. E soggiunse: così numerosa sarà la tua discendenza’. Egli ebbe fiducia nel Signore che gliela ascrisse a merito

 Nel successivo versetto si consuma il definitivo distacco dall’astrologia: “… Io sono il Signore, io ti ho fatto uscire da Ur, città dei Caldei, per darti questa terra” (15:7). La terra promessa è la terra di Israele dove le leggi dell’astrologia sono superate dalla Legge del Signore. Distacco, dunque, superamento ma non rifiuto dell’astrologia e, anzi, da questo momento si aprirà una polemica in seno all’ebraismo: solo Israele si sottrae all’influenza degli astri (Ein mazal le Israel), non altrettanto possono tutte le altre nazioni. Pure, in questa separatezza dichiarata del ‘popolo eletto’, che tanti argomenti di comodo ha fornito all’antisemitismo, si può cogliere una legge universale. Non si tratta di credere o non credere nell’astrologia, argomento in sé futile e privo di interesse, ma di riconoscere che al di sopra dei pianeti, degli astri e delle sfere rotanti nel cosmo, c’è un principio ‘sottile’ o Legge che governa l’universo e che è dato conoscere se si esce da Ur dei Caldei… a patto naturalmente di esservi entrati e aver scrutato profondamente nei cieli. La Pompeo Faracovi assimila questa concezione all’esortazione contenuta negli Oracoli Caldaici di ‘non aumentare il destino’ (non creare altro karma si direbbe oggi) e anzi di oltrepassare la natura che del destino è l’interprete fatale [1]. La stessa autrice ritiene che un concetto simile si ritrovi anche nelle dottrine gnostiche ed ermetiche per le quali le ferree leggi degli astri governano i corpi ma non lo spirito. Scrive: “La fatalità incombe sul mondo materiale, ma il popolo di Dio ne è immune; nella prospettiva del singolo, ciò significa che la pratica esemplare dei comandamenti (mitzvoth) ha l’effetto di una forma di emancipazione dal destino, parallela, dunque, all’illuminazione degli gnostici e alle mistiche esperienze rigeneratrici degli ermetici” [2]. Affermazione, per la verità, solo in parte proponibile per lo gnosticismo che tanto rigidamente distingue tra spirito e materia e che può valere più propriamente, ma con molte distinzioni, nei confronti dell’ermetismo. Esseri a più piani, per i seguaci di Ermete, sul piano fisico gli uomini dipendono interamente dalle leggi planetarie e se non si esercita la libertà dei ‘piani superiori’, si resta invischiati nella fatalità del ‘piano astrale’. Zosimo di Panopoli [3], l’inventore dell’alchimia greca, interpretando la lezione di Ermete Trismegisto, si pone il problema se l’opera di trasformazione dell’uomo non cominci proprio con la trasformazione del proprio destino. Occorre cioè oltrepassare l'Eimarméne, la fatalità cosmica che governa la materia. Solo coloro che approfondiscono la conoscenza di sé, si liberano dalle catene della necessità astrologica e, al tempo stesso, ridestano la scintilla divina che è in loro. Tutti coloro - osserva ancora Zosimo, nel Commentario alla lettera Omega -  che subordinano l’inizio dell’Opera alla buona disposizione degli astri, individuando il kairos o momento opportuno, consacrano le proprie energie all’Eimarméne che governa il mondo corporeo, cioè proprio a quel mondo che dovrebbero trasformare per scoprire l’oro della condizione originaria. Costoro sono uomini senza intelletto, solo pupazzi nel corteo della Fatalità. Dal canto suo, l’uomo pneumatico o spirituale lascia che la Natura agisca secondo Necessità preoccupato solo della propria e dell’altrui trasformazione, né ritiene che conoscendo le cose spirituali (asomata) possa facilmente governare quelle materiali (somata) perché, al contrario, più egli si avvicina alla realtà noetica e all’Uno, più diventa incapace di intrattenersi con il mondo in cui regna l’Eimarméne e l’avvicendamento degli opposti. Ciò che l’uomo pneumatico scopre in questa ricerca è bensì l’uomo originario, l’Adam-Theuth della tradizione ebraico-egizia.

 Concetti analoghi a quelli già espressi in Genesi 15:5-7, sono contenuti nel Deuteronomio, 4:19-20. Questa volta però in modo molto più esplicito e che non lascia adito a dubbi:

  “Guardatevi parimente, alzando gli occhi al cielo e vedendo il sole, la luna e le stelle, tutte le schiere celesti, di non traviarvi prostrandovi loro e servendoli, poiché il Signore tuo Dio li ha assegnati a tutti gli altri popoli che abitano sotto tutti i cieli; mentre il Signore prese voi e vi fece uscire dal crogiuolo del ferro, dall’Egitto perché foste per Lui un popolo Suo possesso speciale come siete oggi” .

 E’ dunque ribadito il principio di Ein mazal le Israel e ‘l’uscita dall’Egitto’ prende qui il posto dell’uscita da Ur dei Caldei, nel senso cioè di un invito ad abbandonare comportamenti e leggi che regolano il destino di tutti le altre nazioni e di cui l’astrologia è certamente il simbolo più importante. Quel che mi preme sottolineare, tuttavia, è che neanche qui è negata la verità dell’astrologia, tant’è che tutti i popoli della terra ne sono sottoposti. Tutti, tranne il ‘popolo eletto’. Ma anche ora l’apparente separatezza e faziosità addita la strada dell’universale: l’ebreo si affranca solo in quanto è parte di un popolo che esce da Ur dei Caldei e dall’Egitto, in quanto cioè si fa iniziato in un popolo di iniziati. Infine, la condanna dell’astrologia formulata nel passo biblico sopra citato è in realtà la condanna dell’idolatria.

 Nell’ Antico Testamento, la condanna dell’astrolatria è contenuta in molti altri passi: nel II dei Re (23:3-5) allorché è detto che Manasse, re di Giuda praticò il culto degli astri e li adorò e costruì altari in loro onore persino all’interno del Tempio di Gerusalemme e nei due cortili di accesso. E ancora in Ezechiele (8:16):

 “Poi il Signore mi trasportò nel cortile interno del tempio. All’entrata del santuario, tra il porticato e l’altare, c’erano circa venticinque uomini. Con le spalle al santuario e il viso rivolto a oriente si inchinavano sino a terra per adorare il sole.

 Continuando la disamina, nella Lettera di Geremia 59-66, si può cogliere la notevole differenza che intercorre tra astrologia e astrolatria, tra astri e idoli:

 “Il sole, la luna e le stelle brillano e sono mandati a illuminare, essi fanno volentieri il loro servizio. Anche il lampo, quando guizza, si fa vedere perfettamente; così pure il vento: soffia per tutta la regione. Quando Dio comanda alle nubi di coprire la terra, esse ubbidiscono. Anche il fulmine, quando è mandato dall’alto a devastare montagne e foreste, fa quello che gli è comandato. Gli idoli invece non assomigliano a queste cose né per l’aspetto né per la forza. E’ chiaro dunque che non si deve pensare o dire che sono dei; infatti non sono in grado di fare giustizia o di far del bene agli uomini. Sapete che non sono dei, quindi non temeteli! Gli idoli non possono né benedire né maledire i re. Non mostrano ai popoli nessun segno in cielo: non illuminano, come fa il sole; non rischiarano la notte, come fa la luna.

 Nella Bibbia, gli astri sono dunque per l’uomo il linguaggio dei cieli, i segni della volontà di Dio. Ne potrebbe essere diversamente, considerando che furono creati da Dio nel quarto giorno e furono cosa buona (Genesi 1:14-19). E addirittura nei versetti di Daniele 12:2-3, è detto che i saggi, dopo la resurrezione, brilleranno nel cielo come stelle. “E tu – dice il Signore a Daniele, nel successivo versetto (12:4) – conserva segreto questo messaggio, non svelare il contenuto di questo libro prima del tempo della fine. Allora molti lo consulteranno e la loro conoscenza crescerà”. C’è dunque un sapere collegato agli astri che apre le porte della conoscenza.

 In altri libri dell’Antico Testamento si descrive la bellezza del firmamento e la sua utilità per l’uomo: “Il firmamento tutto limpido è un vero splendore e guardare il cielo è uno spettacolo affascinante. Il sole, quando spunta all’orizzonte, proclama a tutti che l’opera dell’Altissimo è stupenda. A mezzogiorno brucia la terra e niente può resistere al suo calore. Per certi lavori ci vuole il fuoco di una fornace, ma il sole sui monti scalda tre volte di più: manda vampe infuocate e acceca coi suoi raggi di fuoco. Ma il Signore, che ha creato il sole, è ancora più grande e con la sua parola dirige il corso del sole. La luna, col suo ciclo, stabilisce le stagioni ed è il punto di riferimento per calcolare il tempo. Per fissare la data delle feste si ricorre alla luna che prima cresce e poi cala. Anche il mese prende il nome dalla luna che cresce in modo meraviglioso e ha fasi diverse; essa che brilla nel firmamento, è come un segnale per tutto quello che si muove nel cielo. Le stelle, con la loro luce, fanno più bello il firmamento e con il loro splendore adornano il cielo dove il Signore abita. Esse ubbidiscono a Dio che è santo, stanno dove le ha collocate e non abbandonano il loro posto di veglia. Ammira l’arcobaleno e loda chi lo ha fatto: com’è bello nel suo splendore. Nel cielo traccia un arco di colori, l’ha teso il Signore con le sue mani” [Siracide, 43:1-12].

 Nel libro della Sapienza [7:17-19], il discorso sulla bellezza del firmamento si coniuga insieme a quello sulla struttura del creato, argomento questo che sarà ripreso anche nel libro di Giobbe. E’ la conoscenza degli astri che fa comprendere il mondo manifesto:

 “Dio stesso mi ha fatto conoscere come sono veramente le cose, mi ha insegnato la struttura del mondo e il gioco dei suoi elementi, la divisione del tempo in passato, presente e futuro, le diverse posizioni del sole e l’alternarsi delle stagioni. Ho conosciuto il ciclo dell’anno e la posizione delle stelle.”

 Al di sopra del sole e della luna, tuttavia, c’è la sapienza che è più bella del sole e di ogni costellazione perché è luce che non conosce tenebra [Sapienza7:28-30]. Gli astri, inoltre, come ogni altro elemento della natura, non possono sostituirsi al creatore:

 “Tutti quelli che non conoscono Dio, nella loro debolezza, si illudono. Vedono le cose buone ma non sanno risalire alla loro fonte; prendono in considerazione le opere, ma non sanno riconoscere l’artista che le ha fatte. Essi ritengono divinità il fuoco, il soffio vitale, l’aria leggera, le costellazioni, l’acqua impetuosa, i lumi celesti che reggono il mondo. Ma se affascinati dalla loro bellezza arrivano a considerarli dei, sappiano che il Signore di queste cose è ancora più grande: colui che le ha fatte è la sorgente stessa della bellezza.” [ibid.,13:1-3]

 Il Signore ha creato gli astri, il Signore li domina secondo il proprio volere ma anche secondo giustizia e per il bene dell’umanità. E’ un concetto questo che si ripete costantemente nella Bibbia e in Malachia 3:20 e nel Salmo 37:6 il sole è addirittura il simbolo visibile della giustizia divina e i suoi raggi hanno potere terapeutico. Ma la collera divina si annuncia con l’oscuramento o col cangiamento di colore degli astri, così è in Ezechiele 32:7 dopo la morte del faraone:

 “Quando cesserai di vivere, coprirò il cielo, oscurerò le stelle, velerò il sole di nuvole e la luna non brillerà più. Per causa tua non renderò più luminose le luci del cielo e tufferò la tua terra nell’oscurità. Lo affermo io, il Signore.

 Così ancora, annuncia il terribile giorno dei reprobi il profeta Gioele:

 “Il sole si oscurerà e la luna diventerà rossa come il sangue, prima che venga il giorno del Signore, giorno grande e terribile. Ma chi invocherà il mio Nome sarà salvo. Sul monte Sion e in Gerusalemme sopravvivranno quelli che io ho scelto.[Gioele, 3:4-5]

 Gli fa eco il profeta Isaia:

 “Il giorno del Signore si avvicina implacabile. Giorno di paura, di ira e di furore: la terra sarà tutta un deserto, e saranno distrutti tutti i peccatori. Stelle e costellazioni smetteranno di brillare, il sole si farà oscuro fin dal mattino, e la luna non splenderà più.” [Isaia, 13:9-10] e poco dopo: “ il sole, la luna e le stelle si sgretoleranno in polvere. Il cielo si avvolgerà come un rotolo, le stelle cadranno come le foglie del fico e della vite.[ibid.,34:4]

 Ma quando giunge il giorno del perdono e della misericordia, allora la luce dei luminari diviene molto più forte: “Quando il Signore curerà e fascerà la ferita del suo popolo, la luna brillerà come il sole. La luce del sole sarà come la luce di sette giorni[ibid, 30:26], oppure tale luce sarà sostituita da Dio stesso: “Ormai non avrai più bisogno della luce del sole durante il giorno, né di quella della luna durante la notte. Infatti io, il Signore, tuo Dio, t’illuminerò per sempre con il mio splendore. Il tuo sole e la tua luna non tramonteranno più, perché t’illuminerò per sempre, io il Signore…” [ibid, 60:19-20]

 Insomma, anche se a fin di bene, Dio usa gli astri a proprio piacimento. E’ il solo a poterlo fare? Sembrerebbe proprio di sì, perché la natura dell’uomo è assai più debole di astri e costellazioni:

 “C’è qualcosa di più luminoso del sole? Ma se anche il sole si oscura durante l’eclissi tanto più l’uomo che è solo carne e ossa può essere oscurato dal male. Dio sa anche controllare gli astri, gli uomini invece sono solo terra e cenere.[Siracide, 17:31-32]

 E Dio stesso chiede a Giobbe [4]: “Sei capace di incatenare le costellazioni o di sciogliere le stelle? Puoi farle apparire al tempo giusto e trascinare l’Orsa Maggiore con tutto il suo seguito? Conosci le leggi degli astri? Sei tu che li metti in relazione con le stagioni?” [Giobbe, 38:31-33].

[Segue]

sergio magaldi

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[1]Cfr.O. Pompeo Faracovi, cit., p. 96
[2]ibid., p. 97
[3]Zosimo nativo di Panopoli, città della Tebaide egizia dell’alto corso del Nilo, visse tra il III e il IV secolo d. C. . Padre dell’alchimia greca, fu definito dall’alchimista Olimpiodoro ‘la corona dei filosofi, lingua feconda come l’Oceano, il nuovo interprete delle cose divine…’ (cfr. Zosimo di Panopoli, visioni e risvegli, testi a cura di A. Tonelli, Coliseum editore, Milano, 1988, Introd., p.2 ). L’intento alchemico di Zosimo, presente in tutte le opere, è ben visibile nel trattato Sull’acqua divina. Egli scrive (CAAG III 143,20 – 144,7): ‘E’ questo il mistero divino e supremo, l’oggetto delle ricerche. Questo è il Tutto. Da esso viene il Tutto e per mezzo di esso il Tutto è. Due nature, una sola essenza: l’una trascina l’altra, e l’una domina l’altra. Questa è l’acqua d’argento, la maschio-femmina che sempre fugge, attratta verso ciò che è proprio. E’ l’acqua divina che tutti hanno ignorato. Non è facile contemplare la sua natura. Non è metallo, né acqua che sempre scorre, né è un oggetto corporeo: non può essere dominata. E’ il tutto in tutte le cose. Ha vita e spirito ed è distruggitrice. Chi intende queste parole, possiede l’oro’
[4] Giobbe che non riesce a spiegarsi la sventura che d’improvviso si è abbattuta su di lui dice, tra l’altro, a Dio (Giobbe 31:26-27):‘La vista del sole splendente o l’avanzare maestoso della luna non mi hanno tentato. Non ho mai adorato gli astri’


domenica 13 marzo 2016

IL RUOLO DELL'ASTROLOGIA nel patrimonio sapienziale dell'umanità [1°Massoneria e Astrologia]





 Sorprende constatare che sebbene il tempio massonico sia il simbolo, neppure tanto velato, di una rappresentazione della volta stellata, con tanto di segni zodiacali e con i due luminari [Sole e Luna] disposti in alto sulla parete di fondo, ai lati dello scranno su cui siede il maestro venerabile, nulla o poco venga detto nelle logge massoniche circa il significato di una simbologia che precede o addirittura giustifica lo studio di tutti gli altri simboli presenti nel tempio. Il massone sembra nutrire nei confronti dell’astrologia lo stesso pregiudizio che accompagna la mente dei profani o, quel che peggio, la stessa avversione che nei confronti dell’antica “scienza dei caldei” nutrono, almeno a parole, le chiese ufficiali. Una spiegazione plausibile del fenomeno consiste nel fatto che c’è, nelle guide massoniche, il legittimo timore che i fratelli confondano l’astrologia giudiziaria e divinatrice con l’astrologia simbolica, dunque si preferisce, come si suole dire, gettare via l’acqua sporca insieme con il bambino. 

 Eppure, un grande maestro come Ivan Mosca – passato all’Oriente eterno una diecina di anni fa e di cui recentemente è stata ricordata la figura dal Grande Oriente d’Italia, con la presentazione di un libro a lui dedicato [1] – 






 aveva chiarito nei Quaderni di simbologia muratoria, dallo stesso GOI segnalati come indispensabili per l’istruzione dell’apprendista libero muratore, che il tempio massonico come “rappresentazione microcosmica” della realtà manifesta “è un simbolo o, meglio, il più complesso e importante tra i simboli muratori. E, pertanto, racchiude tutta una serie di significati operativi e sperimentabili, riferiti all’Uomo come ci ricorda l’imperativo apposto sul suo frontone:
             C O N O S C I   T E   S T E S S O” 


 [Per tutto il complesso rapporto tra astrologia e massoneria si veda soprattutto il primo dei citati Quaderni]






  E il simbolismo del Tempio è innanzi tutto rappresentato proprio dai dodici 12 segni dello zodiaco, in analogia con le 12 “fatiche” di Ercole che dovrebbero accompagnare il lavoro del massone. Ma l’astrologia non ha solo la funzione di “calendario iniziatico”, perché ciascuno dei segni, dei pianeti e dei luminari rimanda ad una complessa simbologia che non può essere ignorata. Senza contare che l’astrologia, così come l’alchimia, l’ermetismo, la qabbalah ecc…, fa parte di quel patrimonio sapienziale dell’umanità di cui la Massoneria è gelosa custode e che non va confuso con l’occultismo o con ogni forma deteriore di esoterismo.


Immagine tratta da esoterismografico blogspot.com 


 Sprezzata nelle Accademie, riguardata con sospetto persino nei ‘circoli esoterici’, l’astrologia non è tuttavia lo spettro inquietante che si aggira nella cultura occidentale, come osservava Ornella Pompeo Faracovi in un libro di una ventina di anni fa, pubblicato da Marsilio con discreto successo [2]. Al contrario! Presente in carne e ossa, oggi come venti anni fa, l’astrologia ha una vocazione socializzante e mediatica: dai salotti privati ai talk show televisivi passando per la carta stampata di rotocalchi e quotidiani di ogni tendenza e celebrando oggi più che mai il proprio dominio nelle molteplici rubriche on line e sui telefoni cellulari. Né vale parlarne come di una moda risorgente, perché l’astrologia non è stata mai veramente estranea alla cultura occidentale. In passato, al centro di grandi dispute nelle religioni e tra gli spiriti eccelsi divisi in fautori e detrattori [3] oggi relegata al silenzio sprezzante della dottrina e resa un gioco per tutti i cervelli e per tutte le borse, ignorando Pietro Pomponazzi [4] che insinua trattarsi forse del gioco di Dio.

 Come si spiega allora la rimozione che la cultura occidentale fa dell’astrologia? L’astrologia è un residuo del paganesimo antico, la fatalità dei suoi assiomi contrasta con la libertà dell’uomo e con l’onnipotenza di Dio, non esiste un fondamento epistemologico delle sue leggi e dei suoi risultati. Ciascuna di queste asserzioni, nel corso del tempo, è stata ampiamente vagliata e falsificata. Persino la Bibbia – si è detto – distingue tra idolatria astrologica e astrologia che manifesta, sottoforma di segni, l’onnipotenza divina. Circa la fatalità, si tratta di una concezione per lo più  collegata allo stoicismo [5], perché altrove si venne sempre più affermando l’idea che ‘gli astri inclinano ma non necessitano’ e addirittura che ‘l’uomo saggio domina le stelle’. Quanto al preteso “fondamento epistemologico”, c’è chi ha tentato di fare dell’astrologia una scienza sperimentale [6], neotolemaica e/o neostoica, per la verità anche con buoni risultati, tutti documentabili, ma col rischio di perdere di vista dell’antica arte dei Caldei, la dimensione intuitiva e mitopoietica, rinunciando ad una ricerca molto più complessa che, per esempio, combina il destino individuale con quello dei membri di una stessa famiglia [7]

 La scienza e le grandi religioni monoteistiche hanno combattuto nell’astrologia la presunta vocazione a farsi scienza e religione, e anche se singoli scienziati e teologi ne hanno subito talora il fascino, nemmeno tanto discreto, la posizione ufficiale di tutte le chiese è stata sempre quella della condanna. Ma, per uno strano paradosso, è potuto accadere che la più antica delle religioni monoteistiche finisse addirittura per essere influenzata dall’astrologia, né la cosa appare tanto sorprendente: non è Abramo, il padre dell’ebraismo, della città di Ur dei Caldei? [8] E ‘l’astrologia era grande nel suo cuore’ commenta il rabbino Salomon Thein. [9]

[segue]

sergio magaldi

[1] “[…] Ma come scordare il fascino, il carisma, il potente stimolo che la personalità di Ivan ha esercitato su più di una generazione di apprendisti, compagni e maestri? Al di là delle sue presunte (reali o fittizie) realizzazioni spirituali, Ivan Mosca è stato per decenni un punto di riferimento per chiunque volesse davvero cimentarsi nel difficile e affascinante percorso della ricerca esoterica; per chiunque desiderasse esplorare i più remoti sentieri della Via Iniziatica occidentale. Di questo non si può non essergli grati…” [Così lo ricorda tra l’altro Gioele Magaldi in un epitaffio del Grande Oriente Democratico [GOD] dedicato ad alcuni maestri massoni passati all’Oriente Eterno].
[2] “Uno spettro ci inquieta: lo spettro dell’astrologia”, così, polemicamente, esordisce Ornella Pompeo Faracovi nel suo pregevole Scritto negli astri. L’astrologia nella cultura dell’Occidente, Marsilio, Milano, 1996, p.13
[3] Cfr., oltre al cit. Scritto negli astri…, le note bibliografiche contenute in fondo al volume, pp.281-288. Di notevole interesse anche: E. Garin, Lo zodiaco della vita. La polemica sull’astrologia dal Trecento al Cinquecento, Laterza, Bari, 1976
[4] Pietro Pomponazzi (1462-1525) medico e filosofo nato a Mantova. Pubblicò nel 1516 il Tractatus de immortalitate animae, nel quale, sulla scia di Aristotele e di Alessandro di Afrodisia, negava l’immortalità dell’anima. Pur condannando la magia superstiziosa, difese l’astrologia naturale sino al punto di sostenere, nel De fato, libero arbitrio, praedestinatione et providentia Dei, le tesi dello stoicismo circa l’ineluttabilità del fato, governato dalle stelle.
[5] Scuola filosofica di età ellenistica fondata intorno al 300 a. C. da Zenone di Cizio presso un portico (stoà in greco). Per gli stoici, una ragione divina governa il cosmo secondo un ordine necessario e perfetto.
[6] In questo senso il tentativo operato dal medico tedesco H.Freiherr Von Klockler e dai ricercatori della rivista Sterne und Mensch, fondata a Lipsia nel 1925.
[7] Cfr. L.Greene, Astrologia e Destino, trad.it., Armenia, Milano, 1995, cap.4, pp.98-132.
[8] Cfr. sui Caldei e l’astrologia, O. Pompeo Faracovi, cit., nota 4, pp.25-26
[9] Cit. in J. Halbronn, Le mond juif et l’astrologie, Arché, Milano, 1985, p.20. Circa l’influenza dell’astrologia sull’ebraismo ibid. pp. 8-25