sabato 4 maggio 2013

LA BUCCIA DI BANANA DEL GOVERNO LETTA





 Monsieur, “Il fattore C” [Dove “C” sta per cattolico. Si veda in proposito il post del giorno 11 Aprile: Il Toto-Quirinale e le manovre della partitocrazia e il post del 18 Aprile: "Il fattore C" per il Quirinale], dopo aver tentato di insediarsi al Colle, con Marini e Prodi, i soli candidati che abbiano avuto qualche possibilità di farcela, s’è adattato volentieri alla riconferma di Napolitano, privandosi, per un periodo ipotetico di 21 anni, di gestire in proprio la massima carica istituzionale. Lo fa, consapevole delle difficoltà in cui si trova il Paese e consolandosi del fatto che i laici del Quirinale, venuti dopo i due cattolici Cossiga e Scalfaro, restano comunque due: Ciampi e Napolitano. La regola che aveva visto, sin dalla nascita della Repubblica, alternarsi laici e cattolici, sino ad un massimo di due consecutivamente per ciascuna delle parti, se non è rispettata alla lettera, lo è almeno in spirito. In cambio, “Il fattore C” s’intrufola ampiamente a Palazzo Chigi nella persona di Enrico Letta e non solo. Il presidente del consiglio dei ministri, ex-democristiano del PD senza elle, avrà al suo fianco, come vicepresidente e ministro degli Interni, un altro ex-democristiano ed ex “amico” di partito: Angelino Alfano, segretario del PD con la elle. Con loro, sarà al governo tanta parte di quello che fu il movimento giovanile della Democrazia Cristiana del 1991, secondo le parole pronunciate da un notabile DC, dopo aver visto la foto di gruppo del governo Letta. Nasce così l’esecutivo delle “larghe intese” [con 40 viceministri, tra i quali non manca la Borletti Buitoni sponsorizzata da Monti e “immortalata” da Crozza], il quale si propone di realizzare in poco tempo quello che i due partiti, governando alternativamente, non sono riusciti a fare in vent’anni. Auguri.

 Il primo nodo da sciogliere sarà la questione dell’IMU sulla prima casa, che il PD vuole riformare alla Prodi e che il PDL, forte di una promessa elettorale, vuole abolire, restituendo addirittura la tassa già versata nel 2012. L’ostinata pervicacia con cui il partito democratico esige al massimo  la riforma di questa tassa impopolare, ma non la sua abolizione, si spiega con la tradizionale politica con cui la cosiddetta sinistra italiana ed europea ha sempre perseguito, per sanare i conti pubblici, l’introduzione di nuove tasse, senza accorgersi o fingendo di ignorare che i nuovi balzelli finiscono sempre col gravare su chi le tasse le paga o comunque sui lavoratori e la piccola borghesia. Non gravano mai sugli evasori fiscali e su chi percepisce redditi tali [come per esempio quelli degli eletti alle cariche istituzionali] da considerare una tassa come quella sulla prima casa, poco più di una mancia. Il secondo nodo da sciogliere è l’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti che il PD [sembra con l’eccezione di Renzi] vuole mantenere con la motivazione ottocentesca che altrimenti “la politica la fanno solo i ricchi”, in realtà per pagare i suoi tanti funzionari di partito, e che il PDL dice di voler abolire.  

 Per la verità, l’ineffabile Letta, nel presentarsi alle Camere per ottenere la fiducia, si è sapientemente barcamenato su questi due punti nodali del programma. In perfetto stile democristiano e guidando una compagine che ricorda un monocolore DC della cosiddetta Prima Repubblica [con qualche laica eccezione all’occhiello, come Emma Bonino agli Esteri], il neo presidente del consiglio si è così sbarazzato della prima questione: “Occorre superare – ha detto – l’attuale sistema di tassazione della prima casa, intanto con lo stop ai pagamenti di Giugno per dare al Parlamento il tempo di elaborare e applicare una riforma complessiva che dia ossigeno alle famiglie, soprattutto quelle meno abbienti”. Parole che tradotte dalla lingua democristiana, nella quale il neopresidente del consiglio si esprime magnificamente, significano: Per ottenere la fiducia in Parlamento sospendo il pagamento della rata di Giugno sull’IMU della prima casa, in attesa di una riforma complessiva che elimini l’IMU-prima casa ma solo per le famiglie meno abbienti. Nella prospettiva di un esenzione che, nella più rosea delle previsioni, includerebbe i redditi sino a 30.000 Euro lordi annui, cioè circa o poco più di 1500 euro netti al mese. Le famiglie che superano questa soglia sono considerate “abbienti” e perciò devono pagare la tassa, con la beffa di dover “recuperare” a Dicembre [tanto c’è la tredicesima!] anche il pagamento della rata sospesa a Giugno. Sembra impossibile, ma è proprio così: il centro-sinistra considera ricco il lavoratore che, proprietario della casa in cui abita e per la quale magari continua a pagare un mutuo, disponga per sé e per la propria famiglia di un reddito mensile di semi-indigenza! Ma la cosa sorprendente è che, più ci si sposta dal centro alla sinistra, più ci si accanisce nel difendere il mantenimento della tassa sulla prima casa. Sono i politici e gli alfieri della carta stampata: non a caso le categorie che godono del finanziamento pubblico pagato con le tasse dei cittadini. Tutti d’accordo, anche la C.G.I.L, perché è una misura di sinistra che colpisce i ricchi, e  persino Stefano Rodotà, proprio ieri, ha ribadito che l’IMU-Prima casa non va abolita, ma “rimodulata”. Anche lui vorrebbe rimodularla esentando solo coloro che percepiscono un reddito familiare non superiore ai 1500 euro mensili? Sarebbe interessante saperlo. D’altra parte, ci si chiede sgomenti, dove trovare i quattro miliardi necessari per eliminare l’IMU? Come potrebbero sopravvivere i comuni che hanno dato così ampia prova di saper gestire il denaro pubblico? A nessuno viene in mente di toccare i 70 miliardi destinati alle spese militari, i 20 destinati alla TAV o i 13 miliardi delle pensioni d’oro, o di ridurre l’indennità di parlamentari, consiglieri regionali, provinciali, comunali, e del presidente della Repubblica, di tagliare liquidazioni e stipendi dei dirigenti delle aziende pubbliche o semipubbliche, nonché gli sprechi della pubblica amministrazione e di abolire con effetto immediato il finanziamento della politica? E soprattutto a nessuno del PD viene in mente che su queste misure impopolari: IMU-Prima casa e finanziamento pubblico della politica, il partito s’è giocato più del dieci per cento dei propri elettori e che su questa stessa buccia di banana rischia di cadere il nuovo governo, consegnando il Paese alla vittoria elettorale di Berlusconi? C’è qualcosa che non funziona in questo disegno sadomaso del PD, qualcosa che sfugge alla logica e al buon senso, perché non si può credere solo nell’ingenuità di tanti dirigenti così navigati nell’arte della politica.  

 Sulla questione del denaro pubblico ai partiti, il discorso di Letta è stato anche più chiaro, ancorché ispirato dalla consueta logica democristiana del dire e non dire e del cambiare perché tutto resti come prima o peggio di prima. Abolizione della legge attuale, dunque, non per interrompere definitivamente il flusso di denaro pubblico nelle casse della partitocrazia, ma per “Sanzionare spese non certificate”, collegando il finanziamento “A quello della democrazia interna dei partiti”, con chiaro riferimento al Movimento Cinque Stelle che, secondo la casta, non è un vero partito e non dà sufficienti garanzie di democraticità al suo interno. In più, “Avviare finalmente percorsi che assegnino alla libera scelta del cittadino – sedotto da opportuni sgravi fiscali – la contribuzione all’attività politica dei partiti”. Misura questa che, almeno così formulata, dovrebbe far riflettere chi da sinistra continua a sostenere che i partiti vanno finanziati se non si vuole che la politica sia appannaggio dei ricchi. Perché una cosa è poter dirottare l’otto per mille delle proprie tasse sui partiti politici, come sarebbe anche giusto, un’altra è consentire donazioni che servirebbero a scaricare tasse a beneficio del proprio partito. E gli antiberlusconiani di professione dovrebbero essere i primi a capirlo. Invece applaudono, già immaginando di poter disporre dell’una cosa e dell’altra: il finanziamento della politica in forza di legge e le contribuzioni volontarie e defiscalizzate dei privati. È la pacchia, proprio quando si temeva il peggio! La politica delle primarie ha fruttato al PD diversi milioni di euro. La trovata geniale è servita ad innalzare la bandiera della democrazia e ad incassare soldi freschi, ma fortunatamente ha anche dimostrato che i cittadini, senza neanche gli sgravi fiscali annunciati da Letta, sono disposti a qualche piccolo sacrificio per la loro parte politica.

 Intanto, ottenuta la fiducia al Senato, Letta vola a Berlino per rendere omaggio al capo di Eurogermania e rassicurarlo che il suo è un governo autenticamente eurogermanico. E c’è chi aveva pensato che il presidente del consiglio sarebbe andato innanzi tutto a Bruxelles per strappare consensi in favore di una politica neokeynesiana, la sola che consentirebbe a Letta di realizzare il programma di governo per il quale ha ottenuto i voti della maggioranza del Parlamento. 

sergio magaldi 

2 commenti:

  1. Quindi, se ho ben capito: il PD, conscio di non poter applicare le politiche auspicate dal M5S e da lei ricordate, si allea con il PDL, pur sapendo che così facendo perderebbe il 10% del suo elettorato (io direi il 20%). Ma per quale motivo le elezioni dovrebbe vincerle Berlusconi? Per quale assurdo motivo gli elettori in fuga dal PD dovrebbero confluire nelle casse del PDL e non in quelle del MS?
    grazie
    ce

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    1. Evidentemente non mi sono spiegato bene: almeno il 10% del proprio elettorato, il PD l'ha perso durante la scorsa campagna elettorale, per esempio ribadendo più volte che né IMU-Prima casa né finanziamento pubblico dei partiti sarebbero stati aboliti.Ho scritto infatti:"E soprattutto a nessuno del PD viene in mente che su queste misure impopolari: IMU-Prima casa e finanziamento pubblico della politica, il partito s’è giocato più del dieci per cento dei propri elettori e che su questa stessa buccia di banana rischia di cadere il nuovo governo, consegnando il Paese alla vittoria elettorale di Berlusconi?". Circa i motivi in base ai quali, se si andasse rapidamente al voto, le elezioni le vincerebbe Berlusconi, il discorso è semplice: i voti che dal PD affluirebbero al Movimento Cinque Stelle sarebbero bilanciati dai consensi che questa volta verrebbero meno:piccoli imprenditori del nord delusi dal mancato impegno governativo del Movimento e generico voto di protesta "una tantum" che pure è stato presente nello straordinario risultato elettorale di M5S.Dal canto suo, il PD, anche fermando l'emorragia di voti, difficilmente riuscirebbe a vincere perché mai come negli ultimi mesi il partito s'è dimostrato così diviso [almeno 17 tra correnti e sottocorrenti]e confuso. A meno che non candidasse Renzi che potrebbe erodere voti al centro-destra, ma che a sua volta farebbe perdere voti a sinistra. In questo quadro, come anche indicano i principali sondaggi elettorali, nell'ipotesi di elezioni in autunno, non è difficile prevedere la vittoria del centro-destra con Berlusconi candidato leader: campagna elettorale all'insegna della governabilità e della sovranità nazionale contro l'egemonia tedesca, taglio di IMU e spesa pubblica, abolizione del finanziamento della politica,impegno per la ripresa dell'occupazione.Insomma le solite promesse di cui Berlusconi è maestro, con il risultato probabile che il PDL riprenderebbe parte di quei sei milioni di voti [vedi la recente forte astensione dalle urne]che ha lasciato sul campo nella precedente tornata elettorale.
      La ringrazio per il suo intervento che mi ha permesso di fare queste precisazioni.

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